Aggiornato il 03/05/18 at 04:40 pm
di Noemi Cabitza
Chi pagherà il prezzo della guerra all’ISIS organizzata da Barack Obama? Chi sarà a pagare il prezzo degli errori della Casa Bianca e dei suoi alleati regionali, primi tra tutti la Turchia, Qatar e Arabia Saudita, che per anni hanno finanziato e armato ISIS e Fronte Al-Nusra in configurazione anti-Assad? Mi vengono in mente due nomi: Israele e Kurdistan…….. Per quanto riguarda Israele lo abbiamo visto alla Assemblea Generale delle Nazioni Unite quale sarà il prezzo che Obama chiede a Gerusalemme per accontentare gli alleati arabi nella guerra all’ISIS. In primo luogo le critiche ingiustificate agli insediamenti ebraici a Gerusalemme Est, critiche del tutto fuori luogo come spiegava ieri sera il Premier Netanyahu alla NBC. Eppure gli arabi hanno messo sul piatto ancora una volta la questione palestinese, la questione di Gerusalemme Est, del Monte del Tempio e, non ultima, la questione di un alleggerimento sostanziale al blocco di sicurezza su Gaza. Obama deve accontentare gli alleati arabi e per farlo deve costringere Israele a cedere su diversi punti. Il bello è che la stampa americana vicina alla Casa Bianca parla degli alleati di Obama nella guerra all’ISIS come di un “fronte islamico moderato”, come se Arabia Saudita, Qatar e Turchia fossero dei moderati. E’ un errore già visto in passato con la Fratellanza Musulmana individuata da Obama come Islam moderato. Evidentemente il detto “sbagliare è umano, perseverare è diabolico” calza a pennello su Barack Obama.
Ieri anche la Turchia ha esposto la lista della spesa, il prezzo da pagare per il suo eventuale intervento contro l’ISIS, che per altro è fortemente legato proprio ad Ankara. Lo ha spiegato Erdogan in una intervista alla agenzia di stampa turca ANADOLU: soluzione permanente per la questione siriana e palestinese (Erdogan per confondere le acque ci ha messo dentro anche Somalia, Myanmar, Afghanistan, Ucraina, Yemen ecc. ecc. mancava solo l’annosa questione di Paperopoli e ci sarebbe stato tutto). Tradotto in soldoni, la Turchia interverrà contro la sua creazione (ISIS) solo se in cambio avrà garanzie certe su una sua importante influenza in Siria e in Palestina (che nel gergo turco vuol dire Hamas e non Autorità Palestinese).
E qui entra anche la questione del Kurdistan. La Turchia e i suoi amici iraniani e iracheni non riescono più a giustificare la mancata consegna delle armi alle truppe curde che combattono contro lo Stato Islamico. O li armano oppure intervengono direttamente nella guerra. Ma con molta probabilità prima di farlo avranno ottenuto dagli americani importanti garanzie sul futuro del Kurdistan, un futuro che chiaramente non ci dovrà essere. Per Obama non sarà stato un grande sacrifico vendere l’indipendenza del Kurdistan dato che proprio lui è uno dei primi ad opporvisi. Dal Califfato dello Stato Islamico si rischia quindi di cadere nel Califfato turco che in più comprenda anche la Palestina e tutto il Kurdistan. Non c’è che dire, una bella prospettiva.
E in tutto questo vortice di interessi non dimentichiamo il pericolo più grosso che il mondo libero sta correndo, quello del nucleare iraniano. Qualcuno ingenuamente pensa che il programma nucleare iraniano sia solo un problema israeliano. Certo, Israele corre un rischio esistenziale, ma il problema è globale. Se ci preoccupiamo del Califfato dello Stato Islamico cosa succederà quando gli Ayatollah avranno la bomba atomica? Mica crederete, come fa Obama, che gli Ayatollah siano meno estremisti dei tagliagole del ISIS? E non è forse vero che l’Iran sta approfittando della guerra allo Stato Islamico per portare avanti velocemente il suo programma nucleare? Non ammettere questo significa essere ciechi o, peggio, in malafede. Ma anche questo è un prezzo che Obama è disposto a pagare anche perché poi non sarà l’America a pagarlo ma sarà ancora una volta Israele.
E allora, chi paga il prezzo della guerra all’ISIS? Chi paga il prezzo degli errori di Obama e dei suoi alleati del cosiddetto “fronte islamico moderato”?
Fonte: Rights Reporter
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