Aggiornato il 03/05/18 at 04:40 pm
di Shorsh Surme
L’uccisione accidentale del giornalista iracheno, Mohammed Bidaiwi, di Radio Free Iraq, dopo un’accesa discussione con un ufficiale curdo, Ahmed Ibrahim Mustafa, che da tre anni anni presta il servizio nella….. Guardia del Presidente della Repubblica Federale Irachena, il curdo Jalal Talabani, ha nuovamente e purtroppo acceso gli animi nell’area.
La discussione è avvenuta in un settore di alta sicurezza dove si trovano l’ufficio e l’abitazione privata del presidente, situato poco fuori dalla cosiddetta “zona verde”, che è anche la sede del governo, del Parlamento e delle ambasciate inglese e americana.
La tragedia è avvenuta quando l’ufficiale ha cercato di perquisire il giornalista come da prassi ma quest’ultimo ha reagito, cominciando ad insultare l’ufficiale e i suoi collaboratori.
L’ufficiale, pur sbagliando, ha cercato di farlo calmare, spingendolo con il calice della sua pistola e da lì è partito un proiettile che ha ucciso sul colpo il giornalista. L’ufficiale, dopo tre ore, è stato consegnato al comando militare per le indagini.
La cosa strana, però, è che il primo ministro, Nuri Al Maliki, nella foto, è corso sul posto e a caldo ha rilasciato una dichiarazione di fuoco nei confronti della popolazione curda dicendo: «Sangue per sangue». Rivendicando “l’uccisione” del giornalista, dimenticando che lui è il primo ministro di un paese federale e soprattutto che nei dieci anni dalla caduta di Saddam Hussein sono stati uccisi intenzionalmente giornalisti e accademici a Baghdad sia da parte dei militari – di cui è il comandante – sia dai militanti del suo partito, fino ad oggi mai assicurati alla giustizia.
Quindi, è chiaro che Al Maliki ha trasformato quest’incidente non voluto in una questione politica contro il governo regionele curdo (KRG) da una parte, e dell’altra per la campagna elettorale per le elezioni amministrative del prossimo maggio.
Dal canto suo, la presidenza della Regione Federale del Kurdistan ha espresso ufficialmente le proprie condoglianze alla famiglia del giornalista, scusandosi per l’accaduto, sottolineando anche l’inaccettabilità del linguaggio di un premier di un Paese che si considera il paladino della “legalità” e della “democrazia”.
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