Aggiornato il 03/05/18 at 04:40 pm
di Riccardo Noury
Da un anno, ormai, Abu Fares e sua moglie vivono in un campo improvvisato su una collina alla periferia di Dohuk, insieme ad altre 200 famiglie, in maggioranza curde siriane. Mancano i servizi fondamentali come l’acqua,……. il cibo e i gabinetti. Vengono quasi tutti da Qamishli, distante 250 chilometri, al confine tra Siria e Turchia.
Le autorità della prospera – rispetto al resto dell’Iraq – regione autonoma curda chiamano quell’ammasso di tende e miseria “area irregolare”. Irregolare rispetto al “regolare” e sovraffollato campo di Domiz, che accoglie 45.000 degli oltre 210.000 rifugiati siriani che si trovano nel Kurdistan iracheno, la cui popolazione complessiva è di circa quattro milioni.
Inizialmente, la risposta del governo regionale curdo alla crisi siriana è stata generosa. La solidarietà inter-curda ha funzionato. Le autorità locali hanno destinato 120 milioni di dollari all’assistenza e, si dice, sono riuscite ad allestire in 12 ore il campo di Kawergosk, alla periferia di Erbil.
Ma ultimamente la situazione è cambiata. Il gruppo armato curdo siriano Yekineyen Parastina Gel (Unità per la protezione del popolo) ha iniziato a scoraggiare, anche ricorrendo alla violenza, la
popolazione dal lasciare la Siria.
A loro volta le autorità regionali curde hanno chiuso il confine da maggio ad agosto dello scorso anno e da settembre i controlli sono rigorosissimi. Circolano voci su siriani non curdi respinti alla frontiera e di altri ricacciati nella guerra.
Le donne del campo di transito di Arbat, nei pressi di Sulaimaniya, denunciano di non potersi muovere se non accompagnate da un uomo. I bambini non vanno a scuola. Il lavoro manca.
Comunque, rispetto ai campi che ospitano i rifugiati siriani in altri paesi, qui la situazione è migliore. Almeno per il momento. Se la crisi siriana continuerà ancora a lungo, il suo impatto si farà sentire – dal punto dell’incremento demografico, della sicurezza e delle risorse necessarie per l’assistenza – anche nel Kurdistan iracheno.
Fonte:corriere blog
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