Aggiornato il 03/05/18 at 04:32 pm
“L’Italia sospenda tutte le forniture di sistemi militari e di armi alla Turchia e si adoperi affinché una simile misura sia adottata da tutti i paesi dell’Unione europea”. Lo chiede la Rete Italiana per il Disarmo con….. un comunicato nel quale invita il Parlamento a pronunciarsi in merito votando la sospensione di tutte le forniture militari ad Ankara a fronte della violenta repressione messa in atto nei giorni scorsi dalle forze di polizia turche nei confronti dei manifestanti di piazza Taksim e Gezi Park: cinque giovani manifestanti sono stati uccisi, 6mila i feriti di cui 50 sono gravi.
“La condanna espressa nei giorni scorsi da parte del Parlamento europeo deve tradursi in atti concreti di cui il primo è la sospensione dell’invio di ogni sistema di armi e di strumenti per le Forze dell’ordine alla Turchia finché non siano svolte approfondite indagini sulle violenze della polizia e i responsabili siano assicurati alla giustizia” – afferma Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo. “Le normative comunitarie sono chiare e stabiliscono che gli Stati membri devono impedire l’esportazione di tecnologia e attrezzature militari che possano essere utilizzate per la repressione interna o l’aggressione internazionale o contribuire all’instabilità regionale. Per questo crediamo che proprio per rilanciare la prospettiva europea alla Turchia includendo il tema dei diritti fondamentali – come per altro auspicato dal nostro ministro degli Esteri Emma Bonino – sia necessario un atteggiamento inequivocabile: non si vendono armi a governi che tollerano o praticano violazioni dei diritti umani e delle libertà democratiche fondamentali come il diritto di manifestazione” – conclude Vignarca.
Oltre alle reazione spropositata da parte delle Forze dell’ordine che tra l’altro – secondo diverse ed accreditate fonti – hanno impiegato agenti chimici negli idranti e fatto uso indiscriminato dei gas lacrimogeni, la Rete Italiana per il Disarmo stigmatizza l’atteggiamento del governo che ha deciso di mettere in atto una vera e propria “caccia ai giornalisti” e ha lanciato specifiche investigazioni sui messaggi inviati via twitter durante le manifestazioni. Ma non vanno affatto sottovalutate le parole del Primo Ministro turco, Recep Tayyip Erdogan che nei giorni scorsi – a seguito di una risoluzione adottata dal Parlamento europeo ha dichiarato “non riconoscere il Parlamento europeo e le sue decisioni” (si veda Agenzia AGI).
“Le dichiarazioni del premier Erdogan sono estremamente gravi e non debbono essere sottovalutate – aggiunge Giorgio Beretta, analista della Rete Disarmo. “Continuare a inviare armi a chi dichiara di non riconoscere l’unica istituzione europea che è eletta direttamente dai suoi cittadini rappresenta un atto irresponsabile e rischia di avvallare l’idea che invece che difendere le nostre istituzioni democratiche i governi degli Stati membri intendano garantire gli interessi delle proprie industrie armiere nazionali. Questo discorso riguarda direttamente il nostro paese perché l’Italia è il principale esportatore tra i paesi dell’UE di sistemi militari e di piccole armi alla Turchia. Spetta al ministro Bonino, in quanto titolare del ministero preposto a rilasciare le autorizzazioni alle esportazioni militari e di armi per le polizie e le forze governative di paesi esteri, pronunciarsi chiaramente in materia” – conclude Beretta. Con un dettagliato articolo per Unimondo, l’analista di Rete Disarmo aveva reso note un’ampia quantità di armi vendute in anni recenti dall’Italia alla Turchia tra cui spiccano 53 elicotteri d’attacco Mangusta del valore di oltre 1 miliardo di euro.
“Già da tempo le gravi violazioni dei diritti umani della popolazione curda da parte dell’esercito turco – sottolinea Martina Pignatti, presidente dell’associazione Un ponte per… – avevano evidenziato come la Turchia utilizzasse le leggi antiterrorismo per criminalizzare il dissenso interno e le iniziative della società civile. Bombardamenti di villaggi civili, arresti di centinaia di politici, avvocati, giornalisti e persino minori kurdi sono stati denunciati anche da Amnesty International (AI Turkey Report 2012)”. Anche la Commissione Europea nella sua ultima relazione annuale ha espresso forti critiche nella maggior parte dei settori relativi ai diritti umani in Turchia e ha ribadito che la questione curda resta una sfida chiave per la democrazia del paese (European Commission, Turkey, 2012 Progress Report). “Finché l’attuale precario processo di pace tra Governo turco e guerriglieri curdi non darà gli esiti sperati, crediamo che i paesi dell’Unione europea – e in particolar modo l’Italia – debbano astenersi da ogni tipo di esportazione di sistemi militari alla Turchia” – conclude Martina Pignatti.
ITALIA: PRIMO ESPORTATORE EUROPEO DI SISTEMI MILITARI ALLA TURCHIA
Come riporta il dettagliato studio della Rete Italiana per il Disarmo e di OPAL (vedasi Allegato 1) basato sulle Relazioni ufficiali dell’UE, nel quinquennio dal 2007 al 2011 (ultimo dato disponibile) l’Italia è il maggiore esportatore europeo di sistemi militari alla Turchia: con oltre 1,5 miliardi di euro di autorizzazioni all’esportazione l’Italia ricopre da sola quasi la metà (il 48,8%) delle forniture militari europee destinate alle Forze Armate turche. E’ seguita, ma con valori molto più ridotti, dalla Francia (592 milioni di euro) e dalla Germania (549 milioni di euro).
Tra i materiali esportati ad Ankara figura di tutto: dagli aeromobili alle navi da guerra, dai cannoni alle bombe, siluri e missili, dalle apparecchiature elettroniche alle centrali per la direzione del tiro. Ma spicca soprattutto un contratto nel 2008 del valore di oltre 1 miliardo di euro per 53 elicotteri A129 International (tipo “Mangusta”) del valore di 1.023 milioni di euro. Nel 2007 il ministro della Difesa turco richiedeva infatti all’italiana Agusta questi elicotteri da combattimento per impiegarli nella “ricognizione tattica e attacco bellico”. Il contratto, veniva firmato nel settembre 2007 e siglava una partnership dell’AgustaWestland, società di Finmeccanica, con la Turkish Aviation Industry (TAI), per lo sviluppo del Programma ATAK (Tactical Reconnaissance and Attack Helicopter) per il Comando delle Forze di terra turco.
A fronte dell’aggravarsi delle azioni militari delle Forze armate turche nel Kurdistan iracheno, denunciate tra l’altro da una specifica Risoluzione del Parlamento europeo, nel novembre 2007 la Rete Italiana per il Disarmo aveva chiesto al governo la “sospensione immediata” di tutte le forniture militari alla Turchia (Si veda il comunicato). Dal governo Prodi non pervenne alcuna risposta: anzi nello stesso anno il ministero degli Esteri autorizzava l’esportazione ad Ankara di 10.380 colpi completi calibro 120mm Heat-MP-T SEAL 520 prodotti da Simmel Difesa per un valore complessivo di oltre 26 milioni di euro (Si veda Allegato 1) .
ARMI LEGGERE ALLA TURCHIA: LE ESPORTAZIONI ITALIANE E BRESCIANE
L’Italia non è solo il principale esportatore europeo di sistemi militari alla Turchia, ma anche uno dei maggiori esportatori di cosiddette “armi comuni”. Una certa parte di queste esportazioni – che fino allo scorso anno erano autorizzate ai sensi della legge 110 del 1975 – a partire dalla recente modifica della Legge 185 del 1990 dovranno essere specificamente autorizzate dal ministero degli Esteri quando queste armi sono destinate “a enti governativi o Forze armate o di polizia”.
“Una ragione in più per applicare le norme restrittive della Legge 185/1990 che richiede di vietare l’esportazione di armi verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione e quando mancano adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali esportati” – afferma Maurizio Simoncelli, vice-presidente di Archivio Disarmo.
L’Istituto di Ricerche Internazionali “Archivio Disarmo” ha infatti ripetutamente documentato le ingenti esportazioni di armi comuni dall’Italia verso la Turchia e messo in evidenza la loro problematicità sia per quanto riguarda una chiara incongruenza politica con le norme ispiratrici della legislazione italiana, sia per le possibili violazioni di diritti umani (da accertare) legate ai fatti di questi ultimi giorni. Va ricordato infatti che nella legge 185/1990 è previsto un divieto di esportazione “verso i Paesi i cui governi sono responsabili di accertate violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti dell’uomo”. Anche solo per una corretta e giusta precauzione “appare quindi opportuno che l’Italia sospenda coerentemente gli accordi commerciali in tale settore, come deciso segnale politico in relazione alla dura repressione in atto in Turchia nei confronti di manifestazioni pacifiche” – conclude Simoncelli.
Gran parte di queste armi sono state esportate dalla Provincia di Brescia tanto che la Turchia è divenuta il secondo destinatario delle cosiddette “piccole armi” fabbricate nel distretto bresciano. Nel triennio dal 2010 al 2012, cioè proprio con l’inizio delle sollevazioni popolari nella confinante Siria, dalla provincia di Brescia sono state esportate alla Turchia “armi e munizioni” per un ammontare di oltre 79 milioni di euro. “La Turchia è passata cosi da cliente quanto mai marginale (le esportazioni di queste armi nel 2009 non raggiungevano gli 1,7 milioni di euro) a mercato di primario interesse per l’industria bresciana capitanata dalla Fabbrica d’Armi Pietro Beretta di Gardone Valtrompia” – nota Carlo Tombola, direttore scientifico di OPAL, l’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere con sede a Brescia
L’Osservatorio OPAL in diverse occasioni ha sollevato il problema di queste esportazioni di “armi comuni” dalla provincia di Brescia a paesi in zone di conflitto e con gravi carenze nella tutela dei diritti umani. E ha scritto al Prefetto e al Questore di Brescia chiedendo di fare chiarezza in merito alle autorizzazioni per l’esportazioni di queste armi. L’Osservatorio OPAL ritiene che oggi queste risposte siano ancor più urgenti: infatti l’export di armi leggere dalla provincia di Brescia verso la Turchia si sta intensificando, e nel primo trimestre 2013 si sono registrate movimenti per circa 4,6 milioni di euro, cioè dieci volte rispetto al corrispondente trimestre del 2011 e quasi il triplo rispetto al primo trimestre 2012. Sono inoltre più che decuplicate anche le esportazioni di munizioni dalla provincia di Lecco, dove opera la Fiocchi Munizioni: 77mila euro nel primo trimestre 2011, 52mila nel primo trimestre 2012, 831mila nel primo trimestre 2013.
“Anche su questo chiediamo al ministro Bonino di fare presto chiarezza e di interrompere subito le forniture di piccole armi e munizioni che possono essere utilizzate a fini repressivi” – conclude la nota di Rete Disarmo.
Note:
– Allegato 1: “Armi Italiane alla Turchia” (Scheda a cura di G. Beretta – Rete Disarmo). La scheda va richiesta all’autore o a Rete Disarmo
– Allegato 2: “Armi leggere, guerre pesanti – Rapporto 2011” (Archivio Disarmo)
– Allegato 3: “Armi leggere, guerre pesanti – Rapporto 2012” (Archivio Disarmo)
– Allegato 4: “Le esportazioni di armi dalla Provincia di Brescia: 2011-12” (OPAL Brescia)
– Allegato 5: “Le esportazioni di armi dalla Provincia di Brescia nel 2011” (OPAL Brescia)
Fonte: unimondo.org
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