Aggiornato il 03/05/18 at 04:32 pm
di Iacopo Luzi
Il Kurdistan iracheno, la regione autonoma del Nord dell’Iraq, è un territorio che offre grandi possibilità, soprattutto alle aziende italiane in cerca di nuovi mercati. Ci sono tuttavia molte regole da rispettare per poter raggiungere il successo. ARBIL: Lungo le strade di Ankawa, il quartiere cristiano della città, l’odore forte di catrame…… e di gomma bruciata accompagna ogni giorno gli automobilisti che vanno al lavoro, mentre ai lati dei grandi viali l’occhio si perde fra centinaia e centinaia di nuovi palazzi, in via di costruzione. Lo chiamano sviluppo: in sei anni, la città di Arbil e l’intera regione del Kurdistan iracheno sono state testimoni di una incredibile crescita economica e demografica, che ha spinto molte aziende internazionali e, negli ultimi tempi anche molte imprese italiane, ad investire in questo nuovo mercato D’altronde i dati economici parlano chiaro e le previsioni per il futuro sono estremamente rosee: si stima che nel 2019 la regione curda sarà in grado di produrre 3 milioni di barili di petrolio al giorno e il governo locale ha intenzione di investire, nei prossimi anni, altri cinque miliardi di dollari nell’economia della regione, con ben 500 progetti infrastrutturali già in fase di sviluppo. Inoltre le autorità hanno deciso di abolire per dieci anni la tassazione sulle entrate di tutte le nuove aziende pur di attirare nuovi investitori stranieri.‹‹E’ una terra ricca di opportunità e l’Italia, negli ultimi anni, è stata una delle nazioni che ha contribuito maggiormente allo sviluppo di questa regione – afferma Simone de Santi, capo dell’ufficio consolare di Arbil − L’Italia è presente con 50 aziende stabili in Kurdistan. Inoltre più di 150 aziende italiane intrattengono rapporti commerciali con aziende curde, per un giro di affari di 4 miliardi di euro in termini di interscambio complessivo con l’Iraq e in futuro questa quota potrebbe aumentare ulteriormente. ››I settori in cui l’Italia ha investito con maggior successo sono quelli delle sue tradizionali eccellenze, come nel campo della progettazione, dell’agroalimentare, del design, della sanità, delle energie alternative e dei serramenti. L’Italia è sinonimo di qualità e di prodotti in grado di durare nel tempo, ma tutte le aziende che hanno trovato fortuna in questa piazza emergente, hanno dovuto adattarsi alle regole del mercato e sono state capaci di trovare il giusto compromesso fra i propri bisogni e le necessità della clientela curda. Molte aziende italiane, nel corso degli ultimi sette anni, sono arrivate in Kurdistan nella speranza di poter fare investimenti, attratte dalle sirene di una nazione in enorme crescita, ricchissima di giacimenti petroliferi solo per vedere svanire ogni sogno di gloria.‹‹ E’ una questione di mentalità e di approccio − sostiene Fabrizio Favilla, manager della International General Trading, un’azienda italiana che opera nel mercato sanitario ad Arbil − Per entrare nel mercato curdo, le compagnie italiane devono essere consapevoli che vanno in Kurdistan per fare investimenti a lungo termine e che per guadagnarsi la fiducia degli investitori curdi è necessario tempo e molta pazienza. ››Il mercato curdo è complesso e si fonda ancora su antichissime regole commerciali, quasi tribali, come il passaparola, il rispetto delle gerarchie familiari, la necessità di passare tramite degli intermediari per arrivare alle persone che contano, ma, nonostante ciò, è in grado di ripagare a pieno gli sforzi di chi è capace di cogliere le opportunità e adattarsi il più rapidamente possibile. Naturalmente, come in ogni mercato, ci sono delle regole che un’azienda italiana dovrebbe rispettare per avere fortuna, come, ad esempio, la creazione di joint-venture con aziende curde per poter entrare rapidamente in competizione, oppure un’altra regola potrebbe essere quella di affidarsi a tramiti sia ufficiali, come il consolato, sia privati, come le aziende di consulenza locali ( spesso gestite da ex-emigrati curdi ritornati a casa con il boom economico) per stabilire forti alleanze con le fonti d’investimento di questo paese. Chiunque volesse fare affari in Kurdistan dovrebbe evitare di competere con le superpotenze dei paesi limitrofi, come la Turchia e il Libano, in settori come quelli dell’edilizia o dell’ arredamento, nel quale queste nazioni sono presenti già da decenni e sono avvantaggiate dal basso costo della loro manodopera e dalla loro vicinanza geografica con questa regione, mentre un modo per guadagnare fette di mercato sarebbe quello di diversificare il proprio prodotto, puntando sulla qualità “Made in Italy”, ma proponendo prezzi competitivi, leggermente più alti ma non esorbitanti, facendo forza su un prodotto specifico, che risulti essere unico e che possa, di conseguenza, giustificare il piccolo sovrapprezzo. Un esempio emblematico: molte aziende italiane di moda hanno avuto successo vendendo in Kurdistan le collezioni degli anni passati, in quanto ai curdi non interessano le mode, bensì la qualità e quello che conta veramente è che sia un capo italiano, mentre il fatto che sia di quest’anno o dell’anno prima è irrilevante. Ovviamente non è oro tutto ciò che luccica. Entrare nel mercato curdo non è facile e, in passato, molte aziende italiane, che nella maggior parte dei casi sono piccole-medie imprese della Penisola, sono andate in contro a cocenti delusioni, puntando su settori sbagliati, nonostante ciò le prospettive future sono convincenti: molte aziende italiane hanno già cavalcato la forte ascesa della regione curda, come la F.g Tecnopolo di Roma, una azienda specializzata nel design, che ha curato la progettazione della futura linea dei tram per la città di Arbil e che punta ad espandersi in tutto l’Iraq, facendo affidamento su una solida alleanza con il governo curdo, ottenuta con pazienza e serietà. Un’altra azienda italiana che sta contribuendo alla crescita economica del Kurdistan iracheno è la ELC Electroconsult di Milano, una azienda specializzata nel campo del geotermico e dell’idroelettrico, che si sta occupando della progettazione e della realizzazione di una diga a nord di Arbil su commissione del governo locale. Giuseppe Perego, project Manager della ELC dichiara ‹‹Siamo riusciti a ottenere l’incarico per la realizzazione di questa diga, vincendo una gara d’appalto internazionale e puntando sul nostro “Know how” italiano da sempre sinonimo di qualità in questo settore, ma il nostro ruolo si limita alla progettazione della diga, che poi verrà realizzata da un’azienda locale in sub-appalto, di cui noi saremo i supervisori per la realizzazione.››Dalla caduta di Saddam Hussein nel 2003, il Kurdistan iracheno ha raggiunto in poco tempo tassi di crescita simili a quelli dei paesi del BRIC. Ne sentiremo parlare molto spesso negli anni a venire.
Iacopo Luzi è un giovane fermano che s’avvia sulla strada del giornalismo. Ha visitato diversi Paesi del mondo e inizia a raccontarceli partendo dal Kurdistan iracheno.
Fonte:informazione.tv
Lascia un commento