Siria. Paese incastrato da tre ganasce: si attendono le mosse di Trump

Aggiornato il 01/02/25 at 04:08 pm

di Shorsh Surme –—–Ci troviamo di fronte a un piano fuori dagli schemi per riprendere il timone del mondo, basato sulla posizione degli Stati Uniti nel mondo intero. L’impulsività di Trump nello spostare i palestinesi da Gaza all’Egitto, verso cui potrebbe aver segretamente agitato lo stesso bastone che aveva alzato contro la vicina Colombia, è lo stesso bastone che aveva precedentemente alzato in nome della massima e più dura pressione contro l’Iran.
Prima dei suoi editti per cacciare i palestinesi, Trump ha lanciato una nuova campagna di ricatto contro l’Arabia Saudita, alla quale ha chiesto, con un linguaggio da delinquente, di aumentare i suoi investimenti previsti negli Stati Uniti da 600 miliardi a 1 trilione di dollari, come favore politico.
Le nuove decisioni di Trump non hanno provocato la rabbia degli arabi né suscitato il loro entusiasmo, fin da quando ha deciso di spostare l’ambasciata americana a Gerusalemme e di dichiararne il riconoscimento come capitale eterna di Israele, nonché di considerare le alture del Golan siriane occupate soggette alla sovranità israeliana, prima che Israele penetrasse oltre verso il monte Hermon, parallelamente alla sua distruzione delle capacità dell’esercito.
È questa ritirata che ha permesso al ministro degli Esteri turco Hakan Fidan di dire al governo iracheno: “Dovete liberarvi del sentimento di sconfitta dell’Iran in Siria. Voi siete l’Iraq, non l’Iran, e dovete contribuire con noi a preservare la stabilità della Siria”.
La Siria è rimasta incastrata in una tenaglia a tre ganasce. Nella parte settentrionale del Paese la Turchia penetra direttamente e tramite i suoi rappresentanti con il pretesto di affrontare i curdi delle “SDF”. Nella fauce meridionale, Israele sta penetrando oltre la zona cuscinetto, sempre in nome della propria sicurezza nazionale. Per quanto riguarda la sicurezza nazionale araba e la sicurezza nazionale siriana, il sangue viene versato tra le potenze regionali e internazionali che intervengono in Siria.
La terza e più pericolosa mascella per la Siria è quella interna, che ha iniziato a distruggere l’immagine della nuova Siria e del suo leader, Ahmed al-Sharaa, il quale ha tolto l’uniforme rivoluzionaria e indossato l’abito di statista, come messaggio alla comunità araba e internazionale che dimostra le rapide trasformazioni nella sua ricerca di costruire una nuova Siria lontana dalla vendetta, dalla rappresaglia e dall’esclusione, e di diffondere ogni genere di rassicurazione.
Ciò che ha aperto le porte di Davos al suo ministro degli Esteri Ahmed al-Shibani, a cui è stato concesso un intervento moderato da Tony Blair, l’ex primo ministro britannico, in cui al-Shibani ha elaborato le esigenze della nuova Siria, e i suoi orientamenti lontani dalla vendetta e dall’esclusione e rafforzati dal principio di riconciliazione e tolleranza nel contesto della giustizia di transizione, e nel suo ritorno al consenso e all’abbraccio arabo