Turchia. Il danno culturale e politico della diga di Ilisu

Aggiornato il 26/01/25 at 04:24 pm

di Shorsh Surme –———Durante tutti gli anni ’90 le forze di sicurezza turche hanno distrutto sistematicamente quasi 4mila villaggi curdi e reso profughi più di due milioni e 600mila curdi, con essi anche cristiani assiro-aramaici. Fino a oggi le autorità turche hanno rifiutato la ricostruzione dei paesi e anzi, con la costruzione della diga di Ilisu, più di 313 Km quadri di terreno lungo il Tigri verranno ad essere inondati. Tra essi anche parte del sito archeologico e storico di Hasankeyf, nel cuore del Kurdistan e a 32 km da Batman, dove si trovano le rovine della capitale artuchide del XII secolo.
I basamenti attualmente visibili del ponte che un tempo si stendeva sul fiume Tigri, e collegava le due parti della città con il palazzo ora in rovina, situato all’interno della cittadella, evocano i fantasmi di una dinastia svanita. Hasankeyf è forse il centro più importante per la cultura curda, meta di pellegrinaggio per oltre 30mila persone l’anno. Hasankeyf è sede di luoghi sacri e di siti archeologici di valore inestimabile e di una storia di 5mila anni, i cui monumenti attiravano migliaia di turisti ogni anno, prima che la guerra trasformasse il Kurdistan in un immenso campo di concentramento.
Un altro caso lo troviamo nella pianura di Harran, luogo mitico nella storia della civiltà dove sorgeva il leggendario “Tempio del Peccato “, scomparso sotto le acque della prima diga Ataturk sul fiume Tigri (Firat), che fece scomparire più di seicento villaggi e gli abitanti furono deportati a Istanbul ad Ankara.
Attualmente è in atto una campagna internazionale contro la costruzione della diga di Ilisu; il governo turco ha continuato finché ha finito la costruzione 5 anni fa, senza nessun rispetto per tutto quello patrimonio di umanità. Non solo non vi è stato alcun investimento per il mantenimento di questi luoghi e siti archeologici che si trovano nel territorio del Kurdistan, bensì sono stati distrutti per cancellare la storia e la cultura millenaria del popolo curdo. Vi è stato il ricollocamento forzato di oltre 43.700 curdi. Il megaprogetto della diga Ilisu comprende anche un fattore di rischio sicurezza politica. Infatti la guerra civile in Siria e l’instabilità politica in Iraq potrebbero diventare due fattori scatenanti quando mancherà la quantità sufficiente dell’acqua per i loro Paesi.
Ma una guerra a causa dell’acqua è l’ultima cosa che servirebbe a quella regione già in crisi. Esiste il concreto pericolo che la Turchia sfrutti l’attuale guerra in Siria per non portare a termine il processo di pace già avviato da parte curda 21 marzo scorso. Ora si spera che tutti i paesi democratici, in primis l’Unione Europea, possano far pressionenon solo a parole sul governo turco affinché fermi questo mega cantiere per salvare sia centinaia di villaggi curdi.