Aggiornato il 10/08/24 at 03:07 pm
di Shorsh Surme –——-Più di 250 famiglie sfollate nella regione del Kurdistan durante la guerra con lo Stato islamico (ISIS) torneranno nelle loro case nella provincia di Ninive. Lo ha annunciato mercoledì il ministero degli Interni del governo regionale del Kurdistan (KRG), il quale ha anche informato che, in base alla direttiva del primo ministro Masrour Barzani, il rientro sarà “volontario”.
Delle 266 famiglie, 159 risiedono attualmente fuori dai campi profughi e 107 famiglie vivono all’interno dei campi situati a circa 30 chilometri a est di Mosul, vicino alla strada Erbil-Mosul.
Sin dalla loro apertura i residenti dei campi di Hassan Sham e Khazir hanno sopportato condizioni meteorologiche avverse, la diffusione del coronavirus e un accesso limitato ai servizi essenziali, tra cui elettricità, sistemi di raffreddamento e acqua pulita.
Il governo iracheno vuole chiudere tutti i campi in tutto il Paese affinché tutte le famiglie sfollate rientrino nelle proprie case. Lo scorso il governo centrale di Baghdad aveva fissato il 30 luglio come data in cui la regione del Kurdistan avrebbe dovuto chiudere i campi per sfollati interni e avrebbe dovuto cessare la fornitura di aiuti, tuttavia tale scadenza sia poi stata prorogata a tempo indeterminato. È stato formato un comitato congiunto Erbil-Baghdad per discutere la chiusura delle strutture. Il governo della Regione autonoma ha risposto che non costringerà le persone a tornare a casa.
Secondo i dati ufficiali, circa 26.500 famiglie (157.000 persone) rimangono nei campi per sfollati interni della regione del Kurdistan.
Baghdad ha offerto quattro milioni di dinari (circa 3.050 dollari) alle famiglie che tornate a casa entro la scadenza. Nonostante gli incentivi finanziari, molte famiglie erano riluttanti a partire a causa della violenza in corso nei loro luoghi di origine, della mancanza di ricostruzione e dell’insufficienza dei servizi di base. Alcuni che hanno lasciato volontariamente i campi sono stati costretti a ritornare per l’impossibilità di reperire i beni di prima necessità.
I difensori dei diritti umani hanno espresso preoccupazione per la decisione dell’Iraq a chiudere i campi, insistendo sul fatto che tutti i ritorni devono essere volontari, sicuri e dignitosi.