Aggiornato il 26/07/24 at 06:24 pm
«Non potevo partire portando con me le mie poesie. Così le imparai tutte a memoria e scrissi su un pezzo di carta i loro titoli. Avere addosso poesie in kurdo era un reato più grave del contrabbando di droga». Chi parla non è un personaggio di Fahrenheit 451. E’ lo scrittore kurdo Firat Ceweri che all’età di 19 anni decise di rifugiarsi in Svezia per poter scrivere nella propria lingua. Era il 1979. La Turchia da quasi 30 anni era membro della Nato che si erge a baluardo della democrazia nel mondo.
Incontro lo scrittore kurdo nella sede dell’Associazione dei Sardi a Torino Antonio Gramsci dove per iniziativa del giornalista Murat Cinar presenta Il Matto, la Prostituta e lo Scrittore, il suo primo romanzo tradotto in italiano.
Ha appena ricevuto il Premio Ostana Internazionale per le Scritture in Lingua madre. Firat Ceweri nasce a Derik, distretto di Mardin, millenaria città dell’Alta Mesopotamia. E’ un ragazzo quando la famiglia si trasferisce a Nusaybin. «A 15-16 anni facevo parte dell’Associazione democratica dei Giovani rivoluzionari. Studiavamo il marxismo e volevamo difendere la nostra lingua e la nostra cultura. Andavamo nei villaggi e invitavamo a parlare e scrivere in kurdo. In Turchia fin dalla fondazione della Repubblica la lingua kurda è bandita. Noi kurdi dovevamo vivere senza la nostra lingua e la nostra letteratura. Io amavo la poesia. Mi piacevano autori come Nazim Hikmet e Federico Garcia Lorca. Volevo scrivere poesia e per ribellarmi all’ideologia totalitaria decisi di scrivere nella mia lingua madre. Annotavo le mie poesie in un taccuino: nelle nostre case erano frequenti le incursioni della polizia e dei soldati alla ricerca di scritti e canzoni in kurdo per sequestrare, punire. Quando gli agenti facevano irruzione io gettavo il taccuino a mia mamma, lei lo prendeva al volo e in un lampo lo nascondeva nel reggiseno. Nel corso delle perquisizioni era terrorizzata, aveva paura per me. Nel 1979 scrivere era diventato troppo rischioso. Ma ormai per me era un virus, non potevo più farne a meno. Per continuare dovevo andarmene. Lo scrittore Musa Anter mi aveva detto: “Tu forse un giorno dovrai lasciare la Turchia. Ti consiglio di andare in Svezia.” Io allora non sapevo nulla della Svezia ma seguii il suo consiglio. Appena arrivato comprai una macchina da scrivere e mi misi a battere tutto quello che avevo custodito nella memoria».
Dalle poesie del taccuino nasce il primo libro, Iris Dikin (Aggrediscono) pubblicato nel 1980. Ma a Firat Ceweri non basta scrivere nella lingua madre. «Dopo il primo libro ho deciso: “Devo lavorare per mantenere viva la letteratura kurda. E per questo sono andato in Siria».
Dopo la caduta dell’Impero Ottomano la Siria è mandato francese fino al 1945 e diventa un centro di cultura kurda. Si pubblicano con l’alfabeto latino riviste di letteratura e di grammatica tra le quali la più completa è Hawar (Grido).
Con l’avvento dell’indipendenza il regime si dedica a una totalizzante politica di arabizzazione della minoranza kurda: deportazioni, bando di insegnanti e medici da ogni attività, espulsione dalle terre a favore di coloni arabi. Vietate tutte le espressioni dell’identità. Ma qualcuno riesce a nascondere libri e riviste.
«A Damasco nel 1987 la mia attività di ricerca era molto pericolosa – continua Ceweri. C’erano spie ovunque. Volevo comprare tutti i 57 numeri della rivista Hawar dal 1932 al 1943. E dopo un avventuroso percorso ci sono riuscito». Il 15 maggio 1988 pubblica i 57 numeri di Hawar in due grandi volumi. Da allora il 15 maggio si celebra la Giornata Internazionale della Lingua Kurda. Nel 1992 fonda Nudem (Tempi nuovi), una rivista letteraria classica nello stesso spirito di Hawar ma di taglio moderno, uno strumento per collegare autori di tutto il Kurdistan e della diaspora. «Il primo numero di Nudem uscì nel 1992 e ospitò un’opera di Musa Anter. Poco dopo Musa Anter fu assassinato».
Il 20 settembre 1992 lo scrittore Musa Anter fu assassinato a colpi di pistola da un sicario dei servizi turchi mentre si recava a un Festival d’Arte a Diyarbakir. Per la sua fama, la sua popolarità e il suo ruolo di esponente di primo piano della cultura in Turchia, Musa Anter è il simbolo della “strage dei democratici”, scientificamente perpetrata da Ankara negli anni 90 per annientare la società civile del Kurdistan.
Il ragazzo che scriveva poesie continua a combattere la sua guerra e trova sempre nuovi sistemi d’arma. Negli anni ‘90 fonda una casa editrice che pubblica libri in kurdo e traduce autori di tutto il mondo. Tra essi Dostoiewsky, Sartre, Steinbeck, Cekov, Beckett…«Avevo visto a teatro Aspettando Godot e ho voluto tradurlo – ricorda Ceweri – Quando nel 1992 nacque il mio primo figlio cominciai a tradurre in kurdo libri svedesi per l’infanzia come quelli di Astrid Lindgren ». In 44 anni Ceweri ha pubblicato 44 libri, di cui 5 suoi romanzi, tradotti in svedese, tedesco, turco, persiano, kurdo sorani e italiano. E’ stato premiato dall’Accademia Svedese per la traduzione di un poema svedese in lingua kurda nel 2018 e per la promozione della cultura svedese all’estero nel 2023. Nel 2020 il Governo autonomo del Kurdistan iracheno gli ha attribuito il premio Penna d’Oro. E’ un esponente del Pen Club e ha fondato l’Associazione Scrittori Kurdi in esilio. Le sue poesie rivivono nelle canzoni dei musicisti del Kurdistan.
All’incontro ho portato con me il piccolo libro Canti d’amore e di libertà del popolo kurdo. Firat Ceweri è commosso nel sapere che questa antologia di poesie d’autore e del folklore grazie all’eccezionale tiratura della collana Millelire trent’anni fa e a una recente riedizione ha conquistato il cuore di migliaia di lettori italiani e il ricordo torna ai tempi pericolosi del taccuino.
«Mia mamma ha sempre avuto molta paura per me. Si sentiva in colpa per avermi trasmesso la sua lingua proibita. Se fosse ancora con noi sarebbe felice di vedermi premiato per aver scritto nella sua lingua, nella nostra lingua madre».
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