Aggiornato il 11/07/24 at 04:58 pm
di Shors Surme –ERBIL (Kurdistan Iraq) ————-– Non vi sono dubbi sugli innumerevoli benefici che potrebbero derivare da una maggiore cooperazione e di una più profonda integrazione delle società di tutto il mondo arabo. La cooperazione regionale multilaterale può catalizzare il cambiamento, mitigare i conflitti e alleviare le tensioni sviluppando un’architettura di sicurezza cooperativa (non collettiva), nonché attirando capitali esterni, creando posti di lavoro e promuovendo la crescita tra i mercati, per elencarne solo alcuni.
Tuttavia, nonostante gli ovvi e dimostrabili vantaggi di una più stretta cooperazione costruita sull’omogeneità culturale e linguistica, la maggior parte della regione araba rimane profondamente frammentata.
Di fatto un’incomprensibile resistenza alla convergenza di interessi nell’ambito dei processi regionali formali o dei quadri cooperativi è oggi diventata un motore di persistente fragilità e spiega perché la regione rimane così incline al conflitto.
Da un punto di vista pessimistico è una situazione senza speranza, che ora può essere superata solo adottando politiche volte a gestire il caos piuttosto che riproporre argomenti vecchi che spingono a perseguire ciò che sembra impossibile.
D’altra parte un certo numero di paesi arabi negli ultimi anni si sono fatti avanti come intermediari tra rivali di vecchia data, come mediatori tra fazioni in guerra e interessi concorrenti, cercando al tempo stesso partenariati regionali propri.
Ciò suggerisce nuove possibilità e una svolta, segnalando il preludio a un diverso tipo di regione araba nei prossimi anni, non necessariamente una ricostruzione dell’immenso successo rappresentato dal Consiglio di cooperazione del Golfo, ma il consolidamento di un panorama in cui tale le imprese non sono più improbabili.
Un panorama geopolitico mutato e mutevole è in gran parte responsabile di questo cambiamento, innescato dalla certezza che gli Stati Uniti stanno svalutando la propria “polizia” di questa parte del mondo ed esacerbato dalle ricadute derivanti dall’intensificarsi della concorrenza multipolare.
In sostanza la regione viene lasciata a se stessa, mentre il vuoto lasciato da Washington attira sempre più elementi e attori che sfrutterebbero le divisioni regionali per i propri interessi, piuttosto che contribuire a colmarle per sostenere la resilienza della comunità araba ai malintenzionati, interruzioni metastatiche.
Attualmente la maggior parte degli sforzi volti a creare accordi multilaterali tra i paesi arabi sono quindi strettamente concentrati sulla semplice creazione di mercati comuni e sull’ampliamento dell’accesso ad essi con vantaggi pratici e tangibili per i loro firmatari.
Purtroppo, a differenza di altre parti del mondo dove i mercati comuni sono spesso il preambolo di una più stretta cooperazione in altri settori, i leader del mondo arabo hanno sempre e solo interesse per il primo, se non per niente. La maggior parte dei tentativi in questo senso tendono ad essere solo un altro modo di esercitare l’egemonia sulle sfere di influenza percepite.
Pertanto, invece di adottare strategie lungimiranti per espandere la cooperazione regionale e accedere a potenziali soluzioni alle sfide interne, in particolare alla disoccupazione giovanile, i leader arabi storicamente non sono stati all’altezza del momento.