Aggiornato il 16/05/24 at 05:14 pm
di Shorsh Surme –——-Nonostante l’acclarata situazione drammatica che vede centinaia di migliaia di palestinesi fuggire da Rafah, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che “non c’è nessuna crisi umanitaria”. Hamas nel frattempo ha ribadito, nel giorno del 76° anniversario della “Nakba” (quando circa 760mila palestinesi fuggirono o furono cacciati dalle loro case durante la creazione di Israele nel 1948), l’intenzione di parte a qualsiasi decisione sul governo di Gaza del dopoguerra.
Nelle ultime ore le forze israeliane hanno bombardato i militanti di Hamas intorno alla città di Rafah, nell’estremo sud di Gaza, ma gli scontri sono divampati di nuovo anche nelle aree settentrionali e centrali in cui le truppe israeliane sono entrate per la prima volta mesi fa. L’aumento dei combattimenti urbani ha alimentato gli avvertimenti degli Stati Uniti secondo cui Israele, che ha lanciato la sua guerra dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre, rischia di rimanere impantanato in anni di contro insurrezione. Tuttavia, nonostante le minacce del presidente statunitense Joe Biden di trattenere alcune consegne di armi a causa dell’insistenza di Netanyahu nell’attaccare Rafah, la sua amministrazione ha informato martedì il Congresso di un nuovo pacchetto di armi da 1 miliardo di dollari destinato Israele.
La vista di famiglie disperate che trasportano i pochi averi tra le rovine di Gaza, con intere città devastate dalla guerra, ha evocato per molti gli eventi della Nakba del 1948, che in arabo significa “catastrofe”. Nell’occasione della Giornata della Nakba, Hamas ha comunicato che “la continua sofferenza di milioni di rifugiati in Palestina e nella diaspora è direttamente attribuita all’occupazione sionista”. Il capo politico di Hamas Ismail Haniyeh ha sottolineato in un discorso televisivo il fatto che il movimento militante sarà coinvolto nella decisione del governo del dopoguerra a Gaza insieme ad altre fazioni palestinesi. “Noi diciamo che il movimento Hamas è qui per restare (…), e che saranno il movimento e tutte le fazioni nazionali (palestinesi) a decidere il governo del dopoguerra a Gaza”, ha affermato, aggiungendo che il destino dei colloqui di tregua è incerto a causa “dell’insistenza di Israele nell’occupare il valico di Rafah e nell’espansione dell’aggressione” nel territorio palestinese.
“Qualsiasi accordo deve garantire un cessate-il-fuoco permanente, il ritiro globale (delle forze israeliane) da tutti i settori della Striscia di Gaza, lo scambio di prigionieri, il ritorno degli sfollati, la ricostruzione e la revoca dell’assedio” di Gaza, ha detto Haniyeh. Migliaia di persone hanno marciato per celebrare la giornata della Nakba nelle città della Cisgiordania occupata da Israele, sventolando bandiere palestinesi, indossando sciarpe kefiah e brandendo chiavi simboliche come ricordo delle case perdute da tempo.
Netanyahu ha promesso di distruggere Hamas e riportare a casa gli ostaggi ancora detenuti a Gaza. In un’intervista di mercoledì per la CNBC, Netanyahu ha affrontato le tensioni con Biden sostenendo che “Sì, abbiamo un disaccordo su Gaza. Piuttosto, su Rafah. Ma dobbiamo fare quello che dobbiamo fare”. Washington ha anche ripetutamente esortato Israele a lavorare su un piano postbellico per Gaza e sostenere l’obiettivo di una soluzione a due Stati, alla quale Netanyahu e i suoi alleati di estrema destra si oppongono fermamente. Il portavoce del Dipartimento di Stato Usa Vedant Patel ha detto che senza un piano politico i militanti palestinesi “continueranno a tornare” intrappolando tutte le parti in “questo ciclo continuo di violenza”.
Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha dichiarato di “non essere d’accordo con l’istituzione di un’amministrazione militare israeliana a Gaza, Israele non deve avere il controllo civile sulla Striscia di Gaza”.