Aggiornato il 14/12/23 at 04:07 pm
di Gianni Sartori——–Al momento di scrivere (nove di mattina del 13 dicembre) non è ancora dato di saper se la prevista esecuzione di Samira Sabzian sia stata eseguita.
Condannata a morte in base al principio della Qisas (volgarmente: legge del taglione) per l’uccisone del marito, Samira è in carcere da dieci anni.
Vittima – a quindici anni – di matrimonio forzato (oltre che di violenze domestiche), madre di due figli, il suo nome andrebbe ad aggiungersi alle almeno 17 donne (quelle di cui si è venuti a conoscenza, ma la cifra è sicuramente al ribasso) giustiziate nel 2023. Più di quelle – 16 accertate – del 2022.
Per il Codice penale islamico gli accusati di “omicidio intenzionale” sono sottoposti alla Qisas, di fatto indipendentemente dalle intenzioni o dalle circostanze in cui l’uccisione è avvenuta.
A questo punto i parenti della vittima possono scegliere tra tre possibilità: richiedere l’effettiva esecuzione del condannato, il “dieh” (ottenere una somma denaro in cambio del sangue versato) o concedere il perdono. In questo caso i nonni dei figli di Samira hanno chiesto che venisse impiccata.
Stando a quanto riportavaIran Human Rights, ieri la donna è stata trasferita in isolamento nel carcere di Gharchak a Varamin (provincia di Téhéran).
Sperando nel perdono dei familiari del marito Samira aveva rinunciato a vedere i due figli (attualmente di 17 e dieci anni) per tutto il tempo della sua detenzione nel braccio della morte (dieci anni). Invano a quanto pare.