Aggiornato il 08/10/23 at 08:22 pm
di Shorsh Surme –——Lascia di stucco apprendere che i servizi segreti israeliani non avessero saputo in anticipo che Hamas si stesse preparando ad attaccare Israele con 5mila missili forniti dell’Iran. Non era mai successo: da sempre i sistemi difensivi colpivano già il primo missile lanciato da Hamas, ma questo volta cosa successo? Natanyahu voleva forse giustificare l’attacco a Gaza a spede della vita dei suoi cittadini?
In due giorni hanno perso la vita più di 700 israeliani, e vien da chiedersi dove siano la comunità internazionale, i caschi blu, ma soprattutto i cosiddetti fratelli arabi che hanno rapporti con Israele, realtà che avrebbero dovuto intervenire per sollecitare il cessate-il-fuoco.
I fratelli arabi hanno usato i palestinesi per i fini propri, basti pensare che ci sono ancora profughi del 1948 nei sobborghi del Libano e della Giordania nel momento in cui a Dubai si costruiscono grattaceli mezzo il mare.
All’inizio del 1920 non esisteva alcun “popolo arabo palestinese”, ma poi prese una forma simile a quella odierna.
Fino alla fine del XIX secolo i residenti che vivevano nella regione tra il fiume Giordano e il Mediterraneo si identificavano principalmente in termini di religione: i musulmani sentivano legami molto più forti con i correligionari remoti che con i vicini cristiani ed ebrei. Vivere in quella zona non implicava alcun senso di scopo politico comune.
Poi venne dall’Europa, l’ideologia del nazionalismo; la visione di un governo che incarna lo spirito del suo popolo era estranea ma attraente per i mediorientali. Ma come applicare questo ideale? Chi poteva costruire una nazione? E quali erano i confini? Tali domande hanno stimolato enormi dibattiti.
Alcuni dicevano che gli abitanti del Levante fossero una nazione; altri che parlavano arabo orientale; o tutti coloro che parlavano arabo; o tutti i musulmani.
Ma nessuno ha suggerito “palestinesi”, e per una buona ragione. La Palestina, allora un modo secolare per dire Eretz Yisrael o Terra Sancta, incarnava un concetto puramente ebraico e cristiano, del tutto estraneo ai musulmani, persino ripugnante per loro.
Questa avversione fu confermata nell’aprile del 1920, quando le forze di occupazione britanniche ritagliarono una “Palestina”. I musulmani hanno reagito in modo molto sospettoso, vedendo giustamente questa designazione come una vittoria del sionismo. Meno precisamente, temevano che ciò segnalasse una rinascita dell’impulso crociato. Nessuna voce musulmana di spicco sostenne la delimitazione della Palestina nel 1920; tutti protestarono.
Invece i musulmani a ovest del fiume Giordano indirizzarono la loro fedeltà a Damasco, dove allora regnava il prozio del re giordano Abdullah II; si sono identificati come siriani del sud.
È interessante notare che nessuno ha sostenuto questa affiliazione con più enfasi di un giovane di nome Amin Husseini. Nel luglio 1920, tuttavia, i francesi rovesciarono questo re hashemita, distruggendo così l’idea di una Siria meridionale.
Isolati dagli eventi di aprile e luglio, i musulmani della Palestina hanno tratto vantaggio da una brutta situazione. Un eminente gerosolimitano ha commentato, pochi giorni dopo la caduta del regno hascemita: “Dopo i recenti eventi di Damasco dobbiamo attuare un cambiamento completo nei nostri piani. La Siria meridionale non esiste più. Dobbiamo difendere la Palestina”.
Seguendo questo consiglio, la leadership nel dicembre 1920 adottò l’obiettivo di creare uno stato palestinese indipendente. Nel giro di pochi anni, questo sforzo fu guidato da Husseini.
Altre identità, cioè quelle siriana, araba e musulmana, hanno continuato a competere per decenni con quella palestinese, ma quest’ultima ha ormai spazzato via le altre e regna quasi incontrastata.