IRAN. CONTINUANO LE PROTESTE PER L’OMICIDIO DELLA GIOVANE CURDA

Aggiornato il 09/10/22 at 01:22 pm

di Shorsh Surme –Continuano le coraggiose proteste in tutto l’Iran per l’omicidio di una giovane donna curda, Jina Mahsa Amini, da parte della famigerata polizia morale iraniana. Iniziate nelle Kurdistan dell’Iraq, le proteste si sono diffuse in più di 30 città, tra cui le più Teheran, Mashhad, Isfahan, Karaj, Tabriz e la cosiddetta città santa di Qom. Quella che era iniziata come una reazione contro la brutalità della polizia si è rapidamente trasformata in uno stato d’animo di rabbia contro il regime nel suo complesso.
Mahsa, originaria della città di Saqqez ma in vacanza a Teheran, è stata arrestata dalla polizia morale la sera di martedì 13 settembre perché indossava il velo in modo improprio. È stata trascinata in un furgone e portata via per la “rieducazione”. Poche ore dopo è stata dichiarata cerebralmente morta. Inizialmente il regime ha respinto ogni accusa, rilasciando un filmato delle telecamere a circuito chiuso che mostrava una Mahsa Amini in buona salute che collassava a causa di un presunto attacco cardiaco. Tuttavia, sotto la pressione delle crescenti proteste, il referto di una TAC avrebbe rivelato una frattura ossea, un’emorragia e un edema cerebrale, confermando che la donna è morta a causa di un colpo alla testa.
Alla notizia della sua morte sono sorte spontaneamente proteste in tutto il Paese. A Teheran migliaia di persone si sono riunite intorno a Piazza Argentina e al Parco Sai. Il pesante intervento della polizia ha disperso i manifestanti, che però sono tornati in strada scontrandosi con la polizia e le forze anti-sommossa, scandendo slogan apertamente politici come “Morte a Khamenei”, “Khamenei è un assassino e il suo regime è illegittimo”, e “Le donne sono oppresse, dal Kurdistan a Teheran”.
A guidare le proteste a Teheran sono stati gli studenti universitari, che hanno manifestato a migliaia in tutte le università della capitale, anche in quelle che in precedenza avevano mostrato pochi segni di attività politica. All’università d’élite Amirkabir di Teheran, la principale istituzione educativa del Paese, gli studenti hanno cantato “L’intero Iran è coperto di sangue: dal Kurdistan a Teheran”, “Uccisa per un foulard?” e “Quanto durerà questa umiliazione?”. Un altro grido popolare alle manifestazioni era “Donna, vita, libertà”, che riecheggiava lo slogan popolare della rivoluzione del ’79: “Pane, lavoro, libertà”. Uno slogan che tra l’altro ha ripreso vigore negli ultimi. Per sedare i giovani il regime ha mobilitato i basij, un’organizzazione paramilitare giovanile, nei campus, ma questo ha provocato la reazione “Morte ai basij”.
Grandi proteste, spesso guidate da donne, hanno avuto luogo in tutte le principali città della maggior parte delle regioni del Paese, e i manifestanti hanno scandito “Morte al dittatore”, una sfida diretta alla guida suprema Ali Khamenei e quindi alle fondamenta del regime nel suo complesso.
A Karaj, sobborgo industriale di Teheran e quarta città più grande dell’Iran, i manifestanti hanno lanciato lo slogan “Rimpiangiamo il giorno in cui saremo armati”. Questo detto si è diffuso in molte altre aree. A Rasht la folla lo ha intonato dopo aver picchiato e cacciato i miliziani basij in fuga lunedì. In molti hanno gridato “Morte all’oppressore, che sia lo shah o il leader supremo”, riferendosi sia a Khamenei sia a Mohammad Reza Pahlavi, il figlio del defunto shah sostenuto dagli Stati Uniti, che ha fatto campagna per una monarchia costituzionale.
Nella città di Qom, centro delle istituzioni religiose e dei principali seminari del Paese e base fondamentale del regime teocratico, folle di giovani sono scese in strada scandendo “Cannoni, carri armati, petardi, il chierico deve sparire”. Ci sono anche video da Qom che mostrano un militante basij picchiato da giovani e donne arrabbiati. In innumerevoli video provenienti da tutto il Paese si vedono donne che si tolgono il velo, spesso bruciandolo in segno di protesta.
Fonte:https://www.notiziegeopolitiche.net/iran-continuano-le-proteste-per-lomicidio-della-giovane-curda/