Aggiornato il 27/06/22 at 09:51 pm
di Shorsh Surme –—-La guerra civile siriana, che ha decimato il Paese per oltre un decennio provocando una crisi umanitaria regionale senza precedenti e che ha visto il coinvolgimento di attori internaizonali che vanno dagli Stati Uniti alla Russia, si sta avviando inesorabilmente verso la conclusione.
Il presidente Bashar al-Assad, con il sostegno di Iran e Russia, è uscito militarmente vittorioso dal conflitto, iniziato dopo che il suo governo ha represso violentemente le proteste dei civili nel 2011. L’insurrezione armata che ne è seguita si è presto trasformata in una guerra per procura regionale e globale che, al culmine dei combattimenti, ha visto l’attivarsi di gruppi jihadisti, tra cui lo Stato Islamico, i quali hanno preso il controllo di vaste aree del Paese. In seguito gli stessi hanno perso quasi tutto il territorio per le continue controffensive delle forze filogovernative e della coalizione di militari occidentali guidata dagli Stati Uniti.
Sebbene i combattimenti siano diminuiti negli ultimi due anni, alcune parti del Paese, come la regione nord-occidentale di Idali, rimangono fuori dal controllo governativo. All’inizio del 2020 la campagna dell’esercito siriano, sostenuta dalla Russia e finalizzata alla riconquista di Idlib agli ultimi gruppi armati dell’opposizione che lì vi si erano concentrati, è sfociata in scontri con le forze turche schierate per proteggere le milizie alleate di Ankara.
Le scaramucce hanno tuttavia ricordato che il conflitto, sebbene in fase calante, potrebbe ancora riaccendersi e degenerare. Anche la situazione nel nord-est rimane instabile dopo la rimozione delle forze statunitensi dal confine con la Turchia; le forze turche, siriane e russe sono ora schierate nella regione contro le forze curde siriane.
Il ritorno ai combattimenti ad alta intensità a Idlib nel 2020 ha creato un’altra crisi umanitaria, spingendo ondate di rifugiati verso il confine con la Turchia e aggravando così il già impressionante costo umanitario della guerra. Il bilancio delle vittime è stimato in 400mila persone, ma potrebbe essere molto più alto. In diversi momenti del conflitto più della metà della popolazione del Paese è stata sfollata. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati stima che 5,6 milioni di persone siano fuggite dalla Siria dall’inizio dei combattimenti, mettendo a dura prova i Paesi vicini e l’Europa. Anche se il conflitto si sta esaurendo, non è chiaro quando o se potranno tornare.
Una volta che la guerra sarà finalmente terminata, al-Assad dovrà ancora affrontare la sfida di ricostruire il Paese, comprese le aree in cui ha presumibilmente impiegato armi chimiche contro i suoi stessi cittadini. La questione di chi pagherà il conto rimane aperta.
Gli Stati Uniti e i Paesi europei sono restii a collaborare con al-Assad e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia rende improbabile che gli occidentali collaborino con Mosca. Inoltre è improbabile che la Russia si assuma i costi della ricostruzione, che le Nazioni Unite hanno stimato in 250 miliardi di dollari. L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha voluto prendere le distanze, mentre Joe Biden non ha ancora definito il suo approccio a un conflitto la cui fine sembra, come sempre, vagamente visibile all’orizzonte, ma il cui impatto distruttivo è chiaro e presente.