Aggiornato il 20/11/21 at 03:24 pm
di Gianni Sartori —- Vita dura per giornalisti e fotografi – soprattutto se indipendenti – in certe aree del globo.
Quelli curdi poi sembrano essere particolarmente sotto tiro.
Il 18 novembre era giunta la notizia che il fotografo e giornalista curdo Ebrahim Alipoor era stato rapito a Kabul da uomini armati presumibilmente legati ai talebani (doveroso chiedersi: per conto di chi?).
Il giorno dopo, venerdì 19 novembre, un altro giornalista curdo, Emrullah Acar, la cui abitazione era stata perquisita, veniva arrestato dalla polizia turca.
Andiamo con ordine.
Stando a quanto dichiarato da Henhaw, organizzazione per la difesa dei diritti umani, il fotogiornalista Ebrahim Alipoor sarebbe stato sequestrato il giorno 16 novembre nella capitale afgana e portato in un luogo sconosciuto.
Membro della Federazione Internazionale della Stampa Fotografica (FIAP) e di Immagine del Medio Oriente (MEI), il trentaduenne curdo, originario di Bane (nell’Iran) si era recato in Afganistan per documentare la situazione dopo il ritorno al potere dei talebani.
Non si sa per quale motivo sia stato sequestrato e di che cosa, eventualmente, venga accusato.
Inevitabile sospettare, intravedere la longa manus di un “mandante” straniero. Magari di qualche capitale non particolarmente affezionata ai “suoi” curdi, come per esempio Teheran o Ankara. Conosciuto a livello internazionale (le sue foto sono state esposte in Gran Bretagna, Slovenia, Paesi Bassi…) in Iran Ebrahim era già stato arrestato varie volte dal regime a causa dei suoi lavori di documentazione riguardanti l’oppressione delle donne e la repressione subita dai kolbar (gli spalloni curdi che attraversano illegalmente la artificiose frontiere statali tra Rojhilat, Bashur e Bakur).
Nessun dubbio invece su chi abbia voluto mettere a tacere Emrullah Acar.
Il corrispondente dell’agenzia curda Mezopotamya è stato arrestato all’alba del 19 novembre in casa sua nella città di Urfa (nel Bakur, il Kurdidstan del Nord sottoposto all’amministrazione turca).
Nel corso della stessa operazione (nata da un’inchiesta avviata dal tribunale di Malatya) è stato arrestato, a Bingol, anche Hivda Sarilmaz.
Entrambi sarebbero accusati di “appartenenza a un’organizzazione terrorista”.
Perquisita nella stessa mattinata di venerdì 19 l’abitazione di un’altra giornalista, Hikmet Tunc, corrispondente dell’agenzia di stampa femminile Jin News.
In questo caso la richiesta era partita dal procuratore generale di Van in quanto, secondo gli informatori, nella casa sarebbero state nascoste delle armi. Dopo una ricerca infruttuosa gli agenti hanno lasciato l’abitazione della giornalista.
Niente di nuovo naturalmente. La Turchia, classificata al 153° posto in materia di libertà di stampa, viene regolarmente citata come esempio (negativo beninteso) di repressione, oltre che del dissenso, anche dell’informazione. E non certo da oggi. Inoltre il regime di Erdogan sembra essersi specializzato nell’acquisire il controllo dei media.