Aggiornato il 03/05/18 at 04:34 pm
di Barbara Ciolli
Da Homs al Libano, da Daraa in Giordania. La fuga dai massacri.
Anche davanti all’ennesima strage di civili – 26 bambini e 21 donne, barbaramente uccisi a Homs…….. -, il regime siriano ha continuato a negare ogni responsabilità, ammettendo solo l’esistenza dei corpi di cittadini «sequestrati, uccisi e mutilati da gang terroristiche».
Nella città martire piegata da settimane di assedio e da bombardamenti continui, si scappa dall’orrore e la popolazione cerca di dirigersi verso il vicino confine con il Libano. Tutte le famiglie vittime della strafe dell’11 marzo, secondo gli attivisti opera di uomini inviati dal presidente Bashar al Assad, secondo il governo di gruppi stranieri, vivevano nei quartieri sunniti di Karm az Zeitun e Adawi. I rioni che, da decenni, ospitano le sacche di dissenso al clan sciita degli Assad.
LE VIE DI FUGA DALLA SIRIA. Dai quartieri del massacro dei bambini (guarda il video), secondo quanto riferito dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, centinaia di abitanti si sono messi in fuga verso l’estero.
Ma i cittadini di Homs non sono i soli ad allontanarsi dal Paese. Da Nord a Sud, da Est a Ovest, con la stretta della repressione, i siriani vicini alle frontiere cercano di scappare dalla guerra.
A Sud verso la Giordania, a Ovest verso il Libano
A un anno dall’esplosione delle rivolte in Siria, l’esodo dei civili ha raggiunto il climax. Anche a Daraa, nel Sud del Paese dove, nel marzo 2011, esplosero i primi tumulti, gli scontri tra i dissidenti e le forze del regime non si sono mai sedati.
Così il 12 marzo, mentre nel Nord del Paese imperversava il fuoco dell’artiglieria, nella cittadina sul confine con la Giordania è scoppiata un’autobomba, che ha ucciso una ragazza e ferito 25 studenti di una scuola.
I RIFUGIATI SIRIANI IN GIORDANIA. Poco lontano, nel piccolo centro oltre frontiera di Ramtha e nella vicina Jabir, si trovano gli accampamenti, allestiti dal governo giordano, per le quasi 100 mila persone che, in questi mesi, hanno attraversato il confine.
La maggior parte dei rifugiati sono famiglie fuggite dalle rappresaglie dell’esercito siriano e che vivevano nei villaggi del distretto di Daraa e nei quartieri cittadini. Oppure sono dissidenti che avevano sfilato durante le manifestazioni, e che ora sono scappati per evitare gli arresti di massa.
I CENTRI D’ACCOGLIENZA IN LIBANO. Tra di loro, c’è chi ha visto i familiari morire uccisi o venire torturati dalla polizia. Alcuni hanno anche raccontato ad Amnesty international delle sevizie subite, documentando con alcuni video la morte di parenti e amici.
Centinaia di chilometri più a Nord, risalendo dalla Giordania la linea di confine con il Libano, invece, le vie di fuga dalla Siria portano tutte verso i villaggi oltre frontiera, che distano poche decine di chilometri dalla città martire di Homs.
A Nord verso la Turchia. E da Est nel Kurdistan iracheno
Durante l’assedio, quando nel quartiere di Bab Amro morivano reporter e fotografi stranieri, migliaia di cittadini hanno trovato riparo nei centri libanesi. Non tutti i civili, purtroppo, sono riusciti a espatriare, perché dopo aver bombardato i rioni ribelli, l’artiglieria di Assad ha colpito anche le strade che da Homs portano alla frontiera.
Molti siriani sono stati inseguiti e catturati dai soldati, durante la loro fuga. Ma, nonostante i controlli, nei centri di accoglienza in Libano, sul confine siriano, si sono radunati circa 5 mila profughi: molti di loro sono famiglie con bambini, scappate da Homs.
DA IDLIB AI CAMPI PROFUGHI TURCHI. Altre migliaia di rifugiati si trovano invece al sicuro, oltre il confine settentrionale con la Turchia.
Già la scorsa estate, i siriani del campo di Yayladagi erano oltre 10 mila. A marzo, con l’offensiva dell’esercito nel distretto ribelle di Idlib, il flusso di sfollati verso le coste dell’Anatolia si è intensificato. Non solo da città della provincia bombardate come Sarmin, ma dalla capitale Damasco e dalla popolosa Aleppo.
IL VARCO CON IL KURDISTAN IRACHENO. Sia dai canali di fuga verso il Libano, sia da quelli verso la Turchia, da mesi oltre ai civili passano le armi e i rifornimenti della Free Syrian Army: il braccio armato del Consiglio degli insorti siriani. Ma i due varchi non sono i soli confini porosi, che alimentano i traffici di contrabbando oltre frontiera.
A Nord Est, nelle ultime settimane, anche dal Kurdistan siriano alcuni soldati hanno iniziato a disertare verso la regione autonoma dei curdi iracheni. Un altro pezzo, considerato inscalfibile, dell’apparato del regime della dinastia Assad che si sta sfaldando.
Fonte:Lettera43
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