Aggiornato il 02/08/21 at 09:31 pm
di Gianni Sartori —–Si va colorando di particolari inquietanti la notizia del massacro, della strage razzista del 30 luglio in cui ben sette curdi (tre donne) hanno perso la vita nel villaggio di Bahçeşehir (distretto di Meran, Konya).
Infatti si torna a parlare di Engin Dinc, nominato da Erdogan capo della polizia della provincia in cui il misfatto è avvenuto poco prima della strage. Membro dei Servizi, in passato Dinc venne portato in giudizio in quanto implicato nell’assassinio di un giornalista armeno, Hrant Dink.
Ma poi il reato era andato in prescrizione, Engin Dinc aveva goduto di una promozione e il sospetto autore materiale del delitto, Erhan Tuncel, sarebbe stato “arruolato” come informatore.
Prima ancora Engin Dinc aveva diretto i Servizi nella provincia di Trabzon, all’epoca in cui alcuni familiari dei prigionieri politici di sinistra erano stati – letteralmente – linciati. Risaliva allo stesso periodo un misterioso attentato (presumibilmente per mano dello stesso gruppo implicato nell’uccisione di Hrant Dink) e l’assassinio del sacerdote Andrea Santoro (2006).
Non solo. Ai primi di ottobre 2015, quando erano ancora sottoposti alla sua direzione, i Servizi erano entrati in possesso dei piani dello Stato islamico per colpire un raduno pacifista ad Ankara. Per la precisione, qualche giorno prima del devastante attentato (in cui morirono un centinaio di persone (sia curdi che militanti della sinistra turca), ma l’informazione veniva inoltrata alla direzione provinciale antiterrorismo solo il 10 ottobre,
Oltre ad aver assassinato sette appartenenti alla famiglia Dedeoglu, i “nazionalisti turchi” (come si erano definiti nel corso di una precedente aggressione risalente al 12 luglio) ne hanno ferito diversi altri e incendiato le abitazioni dei curdi. I cinque turchi fermati dopo la prima aggressione erano stati presto rilasciati per “mancanza di prove” e comunque appare evidente come gli autori di tali azioni criminali godano di una sostanziale impunità.
Manifestazioni di protesta si sono svolte in varie località e in particolare davanti alla sede di HDP a Tarde (provincia di Mersin) dove la deputata Fatma Kurtalane il copresidente provinciale del partito Bekir Anackaya hanno sfilato con uno striscione in cui si leggeva “Noi conosciamo i nomi degli assassini”. Sia a Tarde che a Diyarbakir (Amed) come nella provincia di Adiyamanla folla qui radunata scandiva slogan contro il fascismo.
Alcuni esponenti turchi dell’opposizione hanno chiesto che tali aggressioni siano oggetto di indagini approfondite.
A tale scopo una delegazione di CHP, guidata daAbdullatif Sener, si è recata a Meran per conoscere direttamente la situazione.