Aggiornato il 03/05/18 at 04:37 pm
Il governo del Kurdistan si muove per tentare di fermare il contrabbando di petrolio dal suo territorio verso l’Iran, mentre un giornale kurdo rivela che questo contrabbando frutta ogni mese 264 milioni di dollari: soldi che non vanno a finire nelle casse del governo.
Una serie di provvedimenti approvati dal Consiglio dei ministri nella sua riunione settimanale prevedono il divieto totale all’esportazione di greggio, in qualsiasi quantità, mediante i camion, attraverso i valichi di frontiera. Le esportazioni saranno consentite solo per le vie “ufficiali” – ovvero tramite l’oleodotto che collega Kirkuk al porto turco di Ceyhan, e con l’assenso del governo centrale di Baghdad.
Vietato anche esportare derivati del petrolio, di qualunque tipo, attraverso i valichi di frontiera, senza l’autorizzazione del Ministero delle Risorse naturali.
Sono le principali misure di una serie, che prevede anche, come raccomandazioni, la creazione di comitati di controllo permanenti perché vengano messe in atto. Fra i loro compiti, quello di seguire l’esportazione e la distribuzione della quota di carburante della regione kurda che viene inviata dal governo federale di Baghdad, affinché venga distribuita in modo equo fra i cittadini delle sue tre province.
E’ stato poi stabilito che il ministero delle Finanze (del governo regionale) debba presentare la documentazione sul carburante esportato dai valichi di frontiera a partire dal 1° gennaio di quest’anno al ministero delle Risorse naturali, perché venga accuratamente esaminata. Inoltre, d’ora in poi esso dovrà preparare rendiconti settimanali sulle quantità che esporta, e certificarne l’esportazione come legale e conforme alle regole.
Infine, le misure adottate dalle autorità del Kurdistan prevedono la cooperazione fra il governo regionale e quello centrale di Baghdad per definire un meccanismo specifico che impedisca qualsiasi esportazione dei derivati del petrolio attraverso i valichi di frontiera iracheni, e disporre il sequestro di tutte le quantità che dovessero venire esportate per vie che non siano quelle legali autorizzate.
Sono provvedimenti che arrivano dopo le notizie – diffuse per primo dal New York Times – su un grosso contrabbando di petrolio e derivati dalla regione kurda dell’Iraq verso l’Iran, in violazione delle sanzioni internazionali imposte contro Tehran.
Notizie confermate dal giornale kurdo Roznama, che rivela che i proventi di questo contrabbando raggiungono i 264 milioni di dollari al mese, “senza che vengano depositati nelle casse del governo della regione”.
E se questa cifra ancora non dice abbastanza, la traduce ulteriormente: 8 milioni 820mila dollari al giorno – secondo Roznama, che appartiene al movimento di opposizione Goran, che si è distinto nella denuncia del traffico illegale di petrolio e derivati dal Kurdistan iracheno verso l’Iran.
Dal Governo regionale kurdo, il direttore della Comunicazione del Consiglio dei ministri, Twana Ahmed, fa sapere che i provvedimenti approvati hanno il pieno appoggio del presidente della regione, Mas’ud Barzani. Ma si ammette che “la cosa non sarà facile”: non sarà facile cioè fermare il contrabbando di petrolio.
Ma il premier kurdo, Barham Salih, è determinato a riuscirci, dice Ahmed.
Ornella Sangiovanni – OsservatorioIraq
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