Aggiornato il 03/05/18 at 04:35 pm
Altra tappa ed altre avventure della spedizione italiana al Mongol Rally: ancora una capitolo di Highway to Khan! Questa volta sono di scena i paesaggi dell’anatolia occidentale, tra i villaggi Curdi che portano ancora le cicatrici della guerra di oltre 70 anni fa …
Qualunque letteratura di viaggio esprime un concetto sempre valido: il bello del viaggio sono le sorprese e gli imprevisti. Per arrivare all’appuntamento con Muslum, abbiamo guidato come si deve: 1000 km circa. Gli ultimi 80 chilometri in una valle stretta, con passi e gallerie di tutto rispetto. Un eroico Fanelli affronta con non calanche i posti di blocco, per fortuna nessuno presidiato.
Dersim ha 2 accessi, a nord e sud, in quanto la valle, 150 km in tutto, è perpendicolare a due strade abbastanza trafficate. Entrambi gli accessi ricchi di posti di blocco, con carri armati e mitragliatrici spianate.
Dersim ( “porta d’argento” ), non si chiama Dersim, per Ankara e per il mondo intero è Tunceli. Nel ’37 a Dersim si dichiararono indipendenti da Ankara, il ’38 Ataturk in persona diresse l’operazione militare di conquista e pulizia etnica. Il nome dell’operazione era “Tunceli” ( “pugno di ferro”), nome lasciato alla città, a mo di monito per l’eternità.
Benvenuti in Kurdistan.
Il giorno dopo infatti vedremo che le scritte sulle rocce, lungo le strade, inneggiano al Pkk e a Serok Apo ( zio Apo, cioè Abdullah Ochalan ), e ci dicono che effettivamente in quelle valli la guerriglia è attiva e gli scontri a fuoco non mancano.
La questione kurda è spinosa, io e Barbieri siamo stati l’anno scorso al Newroz nel sud della Turchia e abbiamo esplorato abbastanza la vicenda. Riassumendo: 30 anni fa circa, Ochalan ha fondato il Pkk, partito dei lavoratori kurdi, per la prima volta il popolo kurdo è stato idealmente unito. Il partito fu reso illegale da un governo che non ha mai voluto opposizioni etniche, così i Kurdi, uniti e forti, oltre a continuare la lotta politica, hanno preso le armi e la via della montagna. Da allora il Pkk è considerato organizzazione terroristica.
I kurdi come gli ebrei, sono un popolo con radici millenarie. Vivono in una regione che se fosse autonoma avrebbe il controllo dell’acqua di tutto il medio oriente. Hanno alle spalle storie davvero tragiche, pensiamo a Saddam in Iraq, che li bombardava con il gas, durante i giorni di mercato, e avvelenava i fiumi.
La Turchia li tiene schiacciati in maniera quasi ugualmente barbara: torture di ogni tipo, bambini di 13 anni in carceri per adulti, villaggi bruciati, deportazioni di intere generazioni.
Siamo arrivati a Dersim a sera tarda, e pensavamo di non trovare nessuno per strada e il nostro contatto magari già a letto. Invece ci accoglie una cittadina in movimento, un sacco di gente per strada, e stupore dello stupore, donne non solo senza chador, ma truccate e con vestiti provocanti…
Incontriamo Muslum, ci porta al tavolo con suoi amici, tutti stanno bevendo… Birra! In Turchia. In pieno ramadan!
Noi sconvolti. Loro se la ridono. “Dersim non è Turchia e non è Kurdistan. Loro nazionalisti, noi socialisti”.
A Dersim non c’è religione, sono Animisti. Credono nei fiumi e nelle montagne come gli indiani d’America. C’è una moschea, ma frequentata solo da militari. La città è presidiata, 40000 abitanti e una base con 10000 militari. Si può entrare liberamente da 2 anni, prima gli accessi chiudevano alle 5 pm. E durante il giorno erano controllate le importazioni: potevi portare solo 1 forma di formaggio, perché la seconda poteva essere per i guerriglieri. Qui il sindaco è del Bdp, ma la cultura e completamente diversa. Erano amici degli Armeni, ma poi c’è stato il genocidio. Ora sono soli, in mezzo ai monti, autosufficienti e orgogliosi.
Cercavamo il kurdistan, abbiamo trovo Dersim.
Ci facciamo volentieri una bevuta in compagnia a base di birra e raki. Ci danno la buona notte dicendo: “domani ne vedrete delle belle”.
Alla mattina partiamo con Muslum per la valle del Munzur, fiume sacro, fermandoci in diverse tappe. Un piccolo santuario, su una sorgente, dove le donne stanno accendendo candele e gli uomini spellando due pecore appena uccise. “qui è dove si fanno i sacrifici animali, il santuario è alla dea del pane e del cibo”.
Dopo di che, la Polo si cimenta con il primo vero sterrato, saliamo su un monte. Arriviamo su una spinata, tende, e alveari di api. Qui vive Sayd Ali, ci porta a fare un giro tra delle rovine, esattamente come rovine romane, poi ci indica “quella era casa mia”.
Abbiamo fotografato e filmato le rovine di due villaggi, bruciati e rasi al suolo dall’esercito turco. Non nel 38, ma nel 94. Villaggi di gente di Dersim. La turchizzazione evidentemente non è finita, e le diversità culturali continuano ad essere affrontate in questo modo dal governo di Ankara.
Attraversando la Turchia abbiamo trovato quasi l’80% delle strade con lavori in corso, e spesso abbiamo intravisto un cartello che spiegava come questo biblico ammodernamento della rete stradale sia parte del processo di ingresso della Turchia nell’UE.
I villaggi bruciati come si collocano in questo processo?
Sayd Ali e pochi altri, due anni fa, sono tornati a vivere sul posto, creando una sorta di accampamento di tende. Vivono grazie alle api, vendendo il miele. Non dev’essere facile vivere di fianco alle rovine della propria casa. “Meglio qua che altrove” è la risposta.
Il tuor del terrore continua. Prossima tappa “la valle della morte”. Una stretta gola, prima del 38 c’erano tre villaggi armeni, nel 38, mentre gli occhi del mondo erano rivolti alla Germania, la Turchia ha colto l’occasione per risolvere problemi interni. La gente dei 3 villaggi è stata radunata in grotte e uccisa con il gas. Oggi non si può accedere alla valle, perché i 2 ponti d’accesso sono stati fatti crollare.
Proseguiamo. Un’altro luogo sacro. Un’altra fonte. Ci bagnamo la testa con l’acqua sacra.
Poi in macchina per una trentina di chilometri. Fino alla sorgente del Munzur.
Dove ci si palesa davanti una situazione stile India. Qualche centinaia di persone, molti cucinano, molto bevono cay, ma soprattutto bevono l’acqua sacra e fanno il bagno.
Anche noi, aiutati da un anziano, accendiamo una candela ed esprimiamo un desiderio. Un minimo più emozionante di quando in chiesa inserivi la monetina e si accendeva la luce artificiale.
Ci offrono un cay, nei luoghi sacri bisogna offrire, accettiamo volentieri. Sembra davvero di essere sul Gange. E soprattutto, in pieno ramadam, qui fanno grigliate che è un piacere. Incredibile.
L’ultima tappa è la più allegra, un bagno in un ansa del fiume. Muslum alla sera non cenerà con noi perché alla mattina le sue api non volevano lasciargli il miele e aveva una mano gonfia di punture, e già riuscire ad accompagnarci tutto il giorno è stato eroico. Quel bagno nel Monzur ci lascia davvero un ricordo spensierato e allegro, di una persona che comunque ci ha raccontato di tanta sofferenza.
Tornati in città incontriamo una manifestazione del Bdp, contro i bombardamenti Iraniani nel Nord dell’Iran. Non è la prima volta durante il viaggio che i fatti storici che vogliamo indagare si mischiano con l’attualità.
Poi intervisto il sindaco, purtroppo il punto di vista politico non può essere così esplicito come le parole della gente comune. Esprime vicinanza con il Bdp, necessità di trovare appoggi ad altri partiti socialisti, parole leggermente forzate, e senza troppa speranza, Muslum mentra traduceva si stava commovendo. Come se quelle spesse parole le avesse sentite tante volte.
Come mi aveva detto Miky di Novi Sad, Serbia, il futuro si costruisce nelle piccole cose e nei piccoli gesti. Noi di Dersim serberemo un ricordo splendido, e non esiteremo a portare la loro situazione alle associazioni che si occupano di Kurdistan con cui stiamo lavorando. La cultura è diversa, ma la situazione è la stessa.
Sta notte dormiamo ad Agri. Quasi confine con l’Iran. Dove neanche dopo il tramonto abbiamo modo di mangiare se non comprando al supermercato e chiudendoci in stanza d’albergo. Come quando al liceo fumavi in bagno.
Ci manca Dersim!
ilturista.info
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