Aggiornato il 27/02/20 at 08:34 pm
di Diego Fiorin — Popolo Curdo. Minoranza o Movimento di Liberazione Nazionale?
Per il Kurdistan, i rapporti con le istituzioni dell’ Organizzazione delle Nazioni Unite, sono sempre stati complicati a causa della differenza di trattamento che hanno ricevuto i movimenti di liberazione nazionale curdi. Essi di fatto non sono mai stati riconosciuti dalla massima Organizzazione intergovernativa che, mentre molti movimenti di liberazione nazionale sono stati riconosciuti dalle Nazioni Unite, il Kurdistan è sempre stato trattato come un problema interno ai Paesi ospitanti le minoranze.
Per l’effettiva applicazione del principio d’autodeterminazione bisogna ricercare quell’entità non-statale che aggreghi gli interessi sociali ed i valori di un popolo e possa farsene portatore in sede internazionale esprimendo così la loro soggettività (anche le ONG sono legittimate). Il riferimento naturale è ai c.d. movimenti di liberazione nazionale, che trovano fondamento giuridico per la loro rilevanza internazionale, proprio nel principio di autodeterminazione dei popoli.
Questi attori sono definibili come strutture di governo organizzate, rappresentativi di popoli in lotta per l’autodeterminazione, quindi soggetti a dominio coloniale o razzista. Essi vanno classificati fra gli enti non territoriali che aspirano a divenire organizzazioni di governo di una comunità territoriale; non mancano esempi di movimenti di liberazione nazionale i quali sono riusciti a conseguire un controllo effettivo su una porzione di territorio e sulla comunità ivi stanziata. I movimenti di liberazione nazionale, di fatto hanno assunto rilevanza internazionale nella prassi di decolonizzazione con lo scopo di realizzare gli obbiettivi propri dell’autodeterminazione, sia interna che esterna. I movimenti di liberazione nazionale, per essere riconosciuti come tali ed esser investiti di rilevanza internazionale, devono detenere un elemento essenziale: trovare fondamento sul principio d’autodeterminazione. Altri elementi che caratterizzano i movimenti di liberazione nazionale sono: la possibile estensione del territorio controllato, il grado di identificazione politica e l’appoggio della popolazione nei loro confronti, i riconoscimenti esterni con il sostegno della comunità internazionale.
La prassi del riconoscimento dei movimenti di liberazione nazionale è complessa e delicata; la multietnicità e di conseguenza la compresenza di più movimenti che rappresentano la minoranza è molto comune negli stati soggetti a malumori interni.
Se riconosciuti dalla comunità internazionale, i movimenti godono di uno status internazionale che si concretizza attraverso la partecipazione alla vita sociale internazionale; il campo in cui si manifesta maggiormente la rilevanza internazionale è quello relativo alla lotta armata che essi conducono per realizzare il diritto all’autodeterminazione, guerra di liberazione nazionale.
Essi possono prendere parte ai lavori di organizzazioni internazionali e partecipare a conferenze.
Nella procedura di riconoscimento dei movimenti di liberazione nazionale, ebbe una forte valenza la risoluzione n.1514-XV del 1960 (dichiarazione relativa alla concessione dell’indipendenza ai popoli e ai paesi sottoposti a dominio coloniale) , nella quale si sottolinea che la sottoposizione di un popolo ad un giogo, dominio o sfruttamento straniero costituisce un diniego di un diritto fondamentale dell’uomo,è contraria alla Carta e costituisce un impedimento alla promozione della pace e della cooperazione mondiali. Si apriva così la strada al processo di decolonizzazione e si legittimavano i movimenti per la liberazione dei popoli sottomessi alle potenze coloniali. In accordo con la risoluzione i movimenti di Zimbabwe, Namibia, Angola ecc. furono presi in considerazione dalle NU e ai loro rappresentati fu chiesto di parlare in Assemblea Generale in nome del loro popolo.
Anche l’organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP), ha goduto dello status di osservatore in seno all’Assemblea Generale delle NU, grazie alla risoluzione n.3210 del 1974, ed è stata presente in tutte le conferenze internazionali convocate sotto gli auspici delle NU.
La questione kurda, al contrario di altre questioni succitate, non è mai stata esaminata dalle NU come un problema di autodeterminazione di un popolo ma è sempre stata considerata un problema interno, una minoranza, la responsabilità del quale appartiene ai governi occupanti il Kurdistan.
Nella pratica dell’autodeterminazione di un popolo non sono da confondere i movimenti di liberazione nazionale con i movimenti di insurrezione (partiti di insurrezione o insorti). Essi perseguono mediante la lotta armata il rovesciamento del governo di uno Stato, oppure la secessione di una parte del territorio dello Stato medesimo, purché abbiano acquisito un controllo abbastanza stabile su una parte del territorio nazionale; a differenza dei movimenti di liberazione, sono riconosciuti come illegittimi in quanto non legati al principio di autodeterminazione dei popoli ma ad ideali secessionisti non tutelati dal diritto comunitario.
Il movimento insurrezionale è da annoverare fra gli enti territoriali, in quanto esso assume una propria individualità sul piano internazionale soltanto qualora eserciti effettivamente un controllo esclusivo su una porzione di territorio e relativa popolazione, quindi la rilevanza internazionale è legata al principio di effettività. Il movimento insurrezionale, come quello di liberazione nazionale, è un ente temporaneo, in quanto suscettibile di un’ evoluzione o di una involuzione: esso è destinato a trasformarsi in governo dello Stato oppure in un’autorità regionale o addirittura in uno Stato a sé, oppure retrocedere a semplice gruppo d’individui. La capacità internazionale degli insorti è sostanzialmente limitata alla norme che regolano la condotta delle ostilità con il governo legittimo ed a quelle che disciplinano l’esercizio del potere d’imperio del movimento insurrezionale sul territorio da esso controllato. Per quanto concerne la disciplina della guerra civile, il governo legittimo può lecitamente reprimere l’insurrezione, incontrando nella sua azione soltanto limiti di natura umanitaria, essendo, i membri delle forze armate insurrezionali, non legittimi combattenti, ma sono considerati semplici criminali.
Da riconoscere come partito insurrezionale il PKK, Partito dei Lavoratori del Kurdistan, nato per rovesciare il regime, seppur anti democratico, della Turchia. Con l’affacciarsi del terrorismo nel XIX secolo, il PKK è stato riconosciuto come movimento terroristico.
5 Aprile 1991. Internazionalizzazione della “Questione curda”.
Risoluzione 688. Il popolo curdo iracheno ottiene l’indipendenza regionale
Il primo passo verso l’internazionalizzazione della “Questione curda” lo muove il Consiglio di Sicurezza ONU che intervenne con la condanna della repressione nei confronti della popolazione civile curda e sciita e concedendo inoltre l’accesso agli aiuti umanitari nelle aree di guerra (risoluzione n.688).
La risoluzione in questione fu una svolta epica per il popolo curdo e suoi movimenti perché la loro “battaglia” per i diritti di autodeterminazione non era mai stata rappresentata nell’arena internazionale, la risoluzione n.688 del 5 Aprile 1991 è il primo documento che difende specificatamente i diritti del “Popolo Curdo” in un contesto internazionale e regionale. Ad essa fece seguito la volontà di creare una zona di sicurezza sotto l’ausilio ONU, votata dall’UE, sotto proposta dell’ex Primo Ministro britannico John Major. L’intervento ONU avvenne il 10 Aprile con l’operazione militare “Provide Comfort” che prevedeva appunto la creazione di una “Safe haven” attraverso un cordone militare.
Inoltre, quando l’operazione Desert Storm si è conclusa nel 1991, la sicurezza dei curdi in fuga durante la rivolta dalle persecuzioni in Iraq è diventato un problema. Susseguì dunque un’operazione militare che essenzialmente creò un NFZ “no-fly zone” Nord di aerei militari iracheni che si estendeva dal 36 ° parallelo nord.
L’operazione ha fornito la popolazione curda con gli aiuti umanitari e la rassicurazione di cieli sicuri. In aggiunta, la protezione internazionale facilitò la ripresa del dialogo fra Bagdad e Kurdistan che portò all’indipendenza regionale del Kurdis
tan iracheno e alla conseguente fondazione del Governo Regionale Kurdo (KRG). Si può dunque sostenere che l’aiuto dell’ONU ai Curdi costrinse nell’ottobre 1991 le truppe irachene ad abbandonare le zone occupate da tali popolazioni che ottennero così l’indipendenza.
Negli anni precedenti alla risoluzione 688, il popolo curdo è stato oggetto di ispezioni in loco da parte di funzionari ONU e di seminari per la tutela dei Diritti Umani: seminario presentato dal delegato delle NU sui diritti delle minoranze etniche (25 Giugno – 8 Luglio 1974). Come suggerisce il “paper on the Kurdish problem in Iraq”, redatto in seguito al seminario, il delegato si è occupato dei diritti della minoranza curda risiedente in Iraq.
L’operazione Provide Comfort II ebbe inizio lo stesso giorno in cui Provide Comfort terminò il 24 luglio. Lo scopo dell’operazione era di prevenire un attacco iracheno alle popolazioni curde.
A questa lunga operazione seguì l’anno successivo l’operazione Northern Watch a cui la Francia decise di non prendere parte.
L’operazione Nothern Watch fu il seguito dell’operazione Provide Comfort, eseguita dagli Stati Uniti, dal Regno Unito e dalla Turchia per mantenere il controllo aereo sulla no-fly zone sopra il 36º parallelo (il nord dell’Iraq) tra il 1º gennaio 1997 e il 17 marzo 2003.
Inizialmente l’operazione doveva durare sei mesi, come stabilito dal mandato turco. In seguito il governo turco rinnovò il mandato per altri sei mesi. Di fatto nel primo anno dell’operazione non vi fu alcuno scontro tra forze aeree della Coalizione e le forze aeree irachene.
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