Aggiornato il 10/04/19 at 09:06 pm
L’Ong “Un ponte per..” e l’Agenzia italiana per la cooperazione e lo sviluppo fornirà corsi di formazione personale e avviamento al lavoro per i rifugiati della regione di Sulaymaniyah, nel Kurdistan iracheno
di Matteo Petri – Città del Vaticano
Nasce ‘Darfat’ (in curdo ‘opportunità’). È il nuovo progetto finanziato dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) e dalla Ong italiana “Un Ponte per…” (Upp) che, per i prossimi 10 mesi, organizzerà percorsi di formazione nella regione irachena di Sulaymaniyah. Il progetto è rivolto principalmente a rifugiati siriani, sfollati, disoccupati iracheni e donne vittime di violenza ospitati, in gran parte, nel campo per rifugiati di Barika. L’obiettivo è contribuire alla creazione di opportunità lavorative dignitose e sostenibili, per superare la precarietà imposta dalle difficili condizioni regionali.
Lavoro come forma di integrazione
Sui corsi di avviamento al lavoro si sofferma Ettore Acocella, coordinatore dall’Italia del progetto. Oltre a percorsi professionali tradizionali, tra cui imbianchini ed elettricisti, verranno attivati corsi sperimentali, come quelli per fonici. Il progetto si snoda in tre diverse aree: il campo profughi di Barika, dove sono ospitati circa 8 mila rifugiati siriani, il monastero Deir Maryam Aladhra e il centro di Sulaymaniyah che aiuta le donne vittime di violenze. Il lavoro, sottolinea Acocella, è “una forma di integrazione” ma anche di “conoscenza reciproca”, di “promozione del dialogo tra le diverse comunità”. Partecipare allo stesso corso, per persone che fanno parte di contesti molto diversi, è anche un modo per favorire la conoscenza personale.
La situazione del Kurdistan
Acocella ricorda inoltre che la regione autonoma del Kurdistan iracheno “ha accolto sia i siriani che scappavano dal nord della Siria”, sia altre comunità irachene in fuga dalle altre zone del Paese. “Al momento lo Stato Islamico è stato sconfitto”, ma permangono difficoltà che, a volte, impediscono il rientro degli sfollati nelle loro case. “La guerra e altri fattori – conclude Acocella – hanno inciso molto sulla condizione economica di questa area dell’Iraq”.
fonte: https://www.vaticannews.va/it
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