DA PARIGI UNA RICHIESTA CORALE: OCALAN VENGA RESTITUITO AL SUO POPOLO

Aggiornato il 13/01/19 at 08:13 pm

di Gianni Sartori — Una buona notizia, perlomeno confortante: Abdullah Ocalan è vivo e – compatibilmente con la sua situazione di prigioniero politico da un ventennio – in discreta salute. Questo è quanto ha potuto verificare il fratello Mehmet nel primo colloquio concesso al leader curdo da quasi tre anni a questa parte. L’ultima visita infatti risaliva al settembre 2016. Inoltre dal 27 luglio 2011 non erano stati consentiti dalle autorità turche nemmeno i colloqui con gli avvocati. Stessa sorte, per inciso, toccata ad altri tre prigionieri segregati a Imrali. La notizia è stata data dal nipote, il deputato di HDP (Partito Democratico dei Popoli) Omer Ocalan.Comunque una buona notizia – dicevo – anche se il colloquio è stato forzatamente limitato alle questioni inerenti la salute di “Apo”. Con un breve comunicato Pervin Buldan, co-presidente di HDP ha confermato che “oggi si è svolto un colloquio tra Abdullah Ocalan e suo fratello Mehemet Ocalan. Voglio comunicare in proposito che Abdullah Ocalan è in buona salute e che domani pubblicheremo altre informazioni”. Una piccola, ma significativa vittoria dovuta all’impegno di migliaia di militanti curdi e in particolare al sacrificio di quanti sono entrati in sciopero della fame, seguendo l’esempio di Leyla Guven, proprio per ottenere la fine dell’isolamento per Ocalan. Sicuramente la decisione di Ankara di “non tirare troppo la corda” deriva anche dall’imponente spettacolo offerto dalla manifestazione di Parigi di sabato 12 gennaio. Almeno 15mila curdi provenienti da tutta Europa hanno voluto ricordare il massacro perpetrato in rue Lafayette sei anni fa, il 9 gennaio 2013. Non sembrava poi una coincidenza il fatto che il 17 dicembre 2016, l’autore del triplice omicidio – legato ai servizi segreti turchi – fosse morto improvvisamente in carcere a un mese dal previsto inizio del processo (23 gennaio 2017).
Processo – non casualmente – già ripetutamente rinviato.
Quella che è stata definita una “une plaie ouverte” (una piaga aperta) nel sistema giudiziario francese è destinata a rimanere tale almeno fino a quando i mandanti non saranno identificati e condannati. Come è noto, l’operazione da “guerra sporca” avvenne in coincidenza con l’appello del prigioniero Ocalan affinché la voce delle armi cedesse il campo a colloqui di pace tra lo Stato turco e il PKK. Un processo di pace che però venne subitamente abbandonato da Erdogan nel 2017 quando i risultati delle elezioni negarono al suo partito la maggioranza parlamentare. A fianco dei curdi, nella manifestazione parigina, anche molti eletti ed esponenti della cultura francesi. In particolare: Laurence Cohen, senatrice del PCF di Val-de-Marne, Vice-presidente della commissione degli affari sociali; Pierre Laurent, Vice-presidente del Partito della sinistra europea, senatore di Parigi; Simonnet Danielle, esponente del Parti de Gauche; Esther Banbassa, senatrice EELV; Poyraz Sahin, delegato per la solidarietà internazionale al 18° arrondissement di Parigi; Jean Christophe Sellin, consigliere regionale della Region Occitanie; Sergio Coronado, ex deputato EELV; Rémi Feraud, senatore del PS; Lydia Amarbakhsh, responsabile delle relazioni internazionali del PCF; Patrick Leyaric, deputato del Parlamento Europeo; Hélène Bidar, esponente del PCF; Eric Coquerel, deputato di St Ouen Epinay e coordinatore del Parti de Gauche; Laurent Ziegelmeyer , membro del consiglio comunale di Choisy le Roi….Senza dimenticare l’editrice Emmanuelle Collas Glaade; la presidente dell’associazione France-Kurdistan Sylvie Jan…e tanti altri amici del coraggioso popolo curdo.

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