Aggiornato il 10/08/18 at 02:53 pm
di Simone Zoppellaro, Nell’estate del 2014 l’ISIS avanzava inesorabile, all’apice del suo successo, travolgendo tutto ciò che incontrava. Gruppi etnici o religiosi di cui l’occidente non aveva mai sentito parlare prima, sono caduti in quei giorni vittime della crudeltà e del fanatismo. Fra questi la popolazione yazida del Sinjar, sterminata nell’agosto di quel terribile anno.
IL GENOCIDIO
Nelle prime ore del 3 agosto 2014, i combattenti del gruppo terroristico chiamato Stato Islamico dell’Iraq, si riversano fuori dalle loro basi in Siria e in Iraq, e si dirigono rapidamente verso il Sinjar. La regione del Sinjar nel Nord dell’Iraq è, nel suo punto più prossimo, a meno di 15 chilometri dal confine con la Siria. È la sede della maggioranza degli yazidi nel mondo. Per gli uomini di al-Baghdadi, gli yazidi sono una minoranza che, per la sua stessa natura, non merita di vivere, a meno che questi non rinneghino la fede e abbraccino l’islam. Per gli uomini della comunità yazida la scelta è fra la morte e la conversione, mentre per le donne non esiste scelta: verranno deportate, violentate, ridotte in schiavitù e vendute come merce. Nei vari episodi di cui si compone l’attacco di quei giorni, 3.100 yazidi muoiono e altri 6.800 vengono rapiti.
YAZIDI OGGI
Prima di questa data, nella regione del Sinjar si trovava oltre la metà della popolazione yazida stimata in Iraq, che ammontava a un totale di circa 518.000 persone.
Le stime raccolte nell’aprile 2017 da Simone Zoppellaro, giornalista e autore del volume Il genocidio degli yazidi dicevano che vi fossero ben 350.000 fra profughi e sfollati yazidi nel solo Kurdistan iracheno, a fronte di una popolazione totale, assai diminuita, che si aggirava attorno alle 420.000 persone. Gli studi rivelavano che almeno il 2,5% dell’intera popolazione yazida del Sinjar era stata rapita o uccisa.
La tragedia ha lasciato questa minoranza sempre più chiusa, divisa e lacerata, anche da un punto di vista politico. Sono in tanti ad affermare che non c’è futuro per loro in Iraq o in Kurdistan e che l’unica salvezza può arrivare da Occidente, dal dispiegamento di forze internazionali.
“Il genocidio degli yazidi non è ancora concluso, poiché i 2/3 delle vittime non hanno il diritto di tornare alla loro terra, oltre 3.000 fra donne e bambini risultano dispersi, più di 60 fosse comuni restano ancora da esumare, nessuno dei colpevoli di questo crimine è stato portato di fronte alla giustizia, e le vittime continuano a soffrire” ha affermato recentemente Murad Ismael, Co-founder e Executive Director di Yazda Organization, uno dei massimi rappresentanti della comunità yazida.
Simone Zoppellaro, giornalista ed esperto di Medio Oriente, ha visitato il Kurdistan iracheno nell’aprile del 2017. Da questo lungo viaggio, da un meticoloso lavoro di ricostruzione delle vicende che hanno segnato la popolazione yazida e a seguito di un importante incontro con Nadia Murad, attvista yazida candidata al Premio Nobel per la pace, Zoppellaro ha deciso di dare alle stampe nell’ottobre del 2017 il libro Il genocidio degli yazidi. L’ISIS e la persecuzione degli adoratori del diavolo, un volume che ha permesso di fare luce su una vicenda fino a quel momento sconosciuta ai più.
Fonte: https://guerini.it/cms/attualita/3-agosto-2014-2018-il-genocidio-degli-yazidi/
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