Aggiornato il 03/05/18 at 04:36 pm
Cari amici, il mondo arabo, come ormai è chiaro, ha respirato il vento tunisino ma ora guarda con grandissima attenzione all’egitto, il più grande paese della regione, quello dove è nato il cinema arabo, l’arte araba, il nazionalismo arabo. nascerà in egitto anche la rivoluzione dell’età moderna, l’illuminismo arabo? Mentra la Storia accade in tempo reale e il mio bravissimo collega Paolo Mastrolilli ce la racconta dalle strade del Cairo io voglio provare a raccontarvi cosa si dice sui blog e nel resto del mondo arabo, voglio provare a raccogliere qualche voce per dare la parola direttamente a loro, i protagonisti del futuro.
GAZA. La prima testimonianza è telefonica Gaza, dove un milione e mezzo di palestinesi seguono gli eventi in tv: “In strada non succede niente, la situazione è tranquilla. Ma la gente sta inchiodata alla tv per capire cosa sta succedendo in Egitto, sembra un altro mondo. E’ vero che gli egiziani in piazza non rivendicano come in passato la questione palestinese ma è perchè hanno così tanti problemi che è il momento di pensare a risolverli. Gli egiziani chiedono libertà, futuro, la fine della dittatura. Noi palestinesi di Gaza che conosciamo il ruolo giocato da Mubarak nell’assedio a cui ci sottopone Israele non possiamo che gioire. Il punto è la libertà. Non sappiamo se sia la fine di Mubarak ma certamente è la fine della sua politica. Quella che vediamo è un’onda, sta percorrendo tutto il mondo arabo. Noi palestinesi per ora stiamo a guardare, cos’altro possiamo fare? Gaza è una prigione e a Ramallah o in altre città della Cisgiordania la presenza del nemico israeliano è troppo forte, difficile ribellarsi, chiedere libertà”.
LIBANO. Dal blog di As’ad AbuKhalil: “Il chierico Ahmad Kathemi è stupido quanto il suo capo, Ahmadinejad. Nella preghiera del venerdì ha detto che le rivolte in Tunisia e in Egitto sono parte del riflesso della rivoluzione islamica in Iran. Qualcuno gli dica che non c’era un solo islamico o slogan islamico in Tunisia o in Egitto o in Yemen. Continui pure a sognare”.
TRA RABAT E IL CAIRO. Dal blog di Issandr El Amrani: “Sono atterrato alle 4pm (…). Nessuno sa per certo dove sia Mubarak, sebbene molti presumano che sia a Sharm al-Sheikh. Nel suo discorso della scorsa notte appariva deciso a restare presidente, ma la situazione può cambiare rapidamente. Tutte le persone con cui sto parlando stamattina dicono che il suo discorso non li ha soddisfatti e che il problema è lui e che si deve dimettere”.
PALESTINA- GIORDANIA: dal blog di Ali Abunimah: “La protesta è nel centro di Amman. I partiti rappresentati includino partiti islamici e partiti di sinistra. Gli slogan includono l’invito alle dimissioni del governo di Samir Rifai; libere elezioni basate su una equa legge elettorale; giustizia economica; la cancellazione del trattato di pace con ISraele; la fine dell’esclusione dalla cittadinanza per i cittadini giordani di origine palestinese. Molti slogan sono di solidarietà con la protesta egiziana. La protesta che è cominciata dopo la preghiera del venerdì alla moschea Al-Husseini è durata circa due ore e si è conclusa pacificamente. Ci sono state proteste per quattro venerdì successivi ad Amman e in altre parti della Giordania”.
SIRIA: dal blog di Farid al-Ghadry: “Se cade l’Egitto, la Siria deve seguire”.
TUNISIA: dal blog di Bedlam Beggar: “Here’s the smell of the blood still; all the perfumes of Arabia will not sweeten this little hand. Oh, oh, oh!” William Shakespeare”. Questa citazione esprime perfettamente il punto di vista tunisino mentre il presendente esautorato pronunciava il suo ultimo discorso nel quale annunciava riforme il 13 gennaio. La rivoluzione tunisina contro il regime dal pugno di ferro di Ben Ali è la prova che la repressione delle masse e il tentativo di fermare manifestazioni nazionali usando gas lacrimogeni etc. produce solo un’escalation. L’Egitto sta sperimentando uno scenario analogo”.
KURDISTAN: dal blog di Ruwayda Mustafah Rabar: “Non c’è un singolo leader arabo che nonse la sta facendo sotto a causa dell’onda di democrazia che attraversa il Medioriente. Molti l’hanno chiamato “l’effetto domino” dopo il successo della Tunisia nel cacciare via una dittatura lunga 23 anni. L’Egitto, seguendo la Tunisia, è in una lunga battaglia per il cambiamento. D’altro lato abbiamo visto una grande protesta in Yemen dove oltre 30 mila cittadini hanno chiesto al governo di dimettersi. E inoltre la richiesta di riforme è stata avanzata in altri paesi arabi famosi per la violazione dei diritti umani come Siria e Giordania”.
GIOVANI DEL MEDIORIENTE: questo blog (tradotto in inglese) raccoglie un po’ di voci di giovani blogger di diversi paesi del Medioriente
MAGREB: dal blog di Maghrebi: “Il risveglio arabo”.
MAROCCO: dal blog di Laila Lalami: Nel libro di Tayeb Salih “Season of Migration to the North”, pubblicato nel 1966, un laureato torna a casa, in Sudan, pieno di speranza per la nuova stagione dell’indipendenza del suo paese. Ma un anziano del suo villaggio lo mette in guardia: “Ricordati queste parole, figlio mio. Il paese non è forse diventato indipendente? Non siamo forse diventati uomini liberi nella nostra terra? Eppure ci dirigeranno da lontano. Perché hanno lasciato indietro il popolo (…)”. Come aveva predetto Salih, i regimi che sono seguiti alla decolonizzazione del mondo arabo hanno concentrato il potere nelle mani di poche elite che spesso si appoggiavano a paesi stranieri e andavano avanti sopprimendo i diritti civili e umani della loro gente. Nelle ultime due generazioni la maggior parte dei giovani arabi hanno conosciuto solo due o tre capi di stato, tutti giunti al potere per via ereditaria, con un golpe o con elezioni vergognose. Questa è la ragione per cui seguendo i fatti tunisini all’inizio di gennaio ho avuto l’impressione d’essere testimone della prima rivolta nazionale nel mondo arabo dai tempi dell’indipendenza.
GAZA (AGGIORNAMENTI): da Gaza vi giro anche la corrispondenza di pochi minuti fa del mio amico Safwat al-Kahlout: “È stato di allerta in queste ore, seppure senza alcun contagio visibile dei
disordini egiziani, nella parte palestinese di Rafah, la località ai margini del Sinai divisa in due fra l’Egitto e la Striscia di Gaza controllata dagli islamico-radicali di Hamas. La linea di demarcazione è al momento presidiata dal lato palestinese dalle milizie di Hamas, che hanno ordinato alla gente del posto di tenersi a debita distanza dai reticolati. Mentre risultano bloccati gli imbocchi di tutti i tunnel del
contrabbando attraverso i quali la Striscia – stretta fra Israele ed Egitto e sottoposta a forti restrizioni fin dall’avvento al potere di Hamas nel 2007 – riceve abitualmente rifornimenti di merci (e talora di armamenti). Dall’enclave palestinese si sono viste le fiamme e il fumo generate da un attacco compiuto stamattina da dimostranti contro una stazione della Sicurezza Pubblica egiziana vicina alla frontiera, in un episodio che secondo fonti impossibili da verificare dall’interno dell’enclave palestinese sarebbe
sfociato nell’uccisione di almeno tre poliziotti e nella conquista della postazione da parte dei rivoltosi. Di qua dal confine, rimbalzano inoltre voci incontrollate secondo cui la sommossa, nel nord del Sinai, sarebbe stata monopolizzata dalle tribù beduine della zona, animate anche da rivendicazioni locali e decise a consolidare la propria autonomia e i propri traffici (inclusi quelli di armi ed esseri umani che alcuni clan sono accusati di alimentare sia verso la Striscia di Gaza, sia attraverso Israele). Le stesse voci fanno riferimento a una situazione dominata ormai dai ribelli in gran parte del settore frontaliero della penisola, nonchè di un bilancio provvisorio complessivo di 12 morti a Rafah egiziana e di circa 20 in tutto il Sinai settentrionale”.
Fonte: La Stampa
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