Aggiornato il 04/05/18 at 07:52 pm
Gli attacchi sulla mal gestione della situazione nel sud-est del Paese, a maggioranza curda, sono a cadenza settimanale. L’establishment è stato accusato più volte di aver saputo della preparazione di attentati da parte del Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, e di aver taciuto perché questo potesse operare. Una strategia volta a creare destabilizzazione nel Paese, soprattutto fra i curdi, che erano l’unico alleato possibile di Recep Tayyip Erdogan e del suo Akp, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo. Questo , che detiene la maggioranza in parlamento, ma insufficiente per quelle riforme costituzionali che Erdogan promette da tempo.
Poi si è arrivati ai golpe sventati. Lo scorso giugno Dursun Cicek, colonnello delle forza di mare, fu accusato di aver firmato un “Action Plan for Reactionary Prevention”, ovvero un piano volto a rovesciare l’esecutivo islamico-moderato. I militari in quel momento negarono ogni paternità, dicendo che c’era qualcuno che lavorava per screditarli.
E la settimana scorsa è stata la volta del piano Balyoz – martello in turco – secondo cui era allo studio una strategia della tensione che avrebbe portato ad attentati nelle moschee e nei musei oltre alla confisca dei conti bancari alle minoranze religiose non musulmane, che avrebbe costretto i militari a intervenire e a rovesciare Erdogan. Oggi l’esercito è tornato a ribadire la propria estraneità ai fatti, dicendo che i golpe sono cose del passato e precisando che “anche la pazienza dei militari ha un limite”.
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