Le sanzioni economiche e il movimento di protesta in Iran

Aggiornato il 03/05/18 at 04:37 pm


di Mohsen Hamzehian

Unione per la democrazia in Iran
Introduzione
Per poter comprendere l’efficacia delle sanzioni n. 1921 dell’ONU e successive, dovremo conoscere minimamente il sistema economico dell’Iran. Cercherò di esporre alcuni punti, affinché si possa valutare il danno che ne deriva per il popolo iraniano.
1.Com’ è organizzato il sistema economico dell’Iran?
2. Come gestisce l’economia lo Stato della Repubblica islamica dell’Iran?
3. Il prezzo dei beni di prima necessità in Iran come è cambiato da quando le sanzioni sono in vigore?
4. Le industrie dell’Iran come sono organizzate?
5. Qual è il ruolo del Sepah Passdran?
6.Se l’Iran non avesse la Cassaforte energetico del mondo, quale sarebbe il destino del Regime Islamico?
7. Come funziona il sistema di tassazioni in Iran,? Il fisco in Iran è a favore oppure contro la sopravvivenza del regime?
Potremo tracciare molte altre domande, ma questi 7 quesiti in quanto un numero perfetto, possono bastare per capire se le sanzioni dell’ONU, siano utili oppure dannose per il popolo dell’Iran.
È un errore pensare che le sanzioni possano rafforzare le opposizioni , esse non possono e non hanno alcun obbiettivo di indebolire il Regime di Teheran.
In Iran il sistema economico è completamente dipendente ai Paesi Esteri ed in Particolare dai Paesi occidentali.
Attualmente il sistema economica del Paese è in bancarotta: basti pensare all’Iran come il terzo Paese produttore di petrolio, quindi una delle cassaforti energetiche, che oggi importa quasi l’80% del suo fabbisogno di carburante ( Benzina e Gasolio). Le importazioni di benzina sono in Iran approssimativamente 130.000 bbld / nel 2009, quasi l’ 80 per cento delle importazioni totali del prodotto. Nel corso dell’anno in corso si presume che, a causa della tecnologia obsoleta e per le sanzioni, si possa arrivare ad import ancora più consistente.
Tra la decina di compagne multinazionali, che non hanno mai cessato di fornire carburante al terzo paese produttore di petrolio ( dopo Arabia Saudita e il Canada) , possiamo nominare Glencore, Trafigura, e Vitol. L’Iran attualmente ha una riserva petrolifera di 137.550 milioni di barili di petrolio, con il 10% delle riserve a livello mondiale. Mentre è al secondo posto dopo la Russia per il gas naturale, con 1045 trilioni di piedi cubici (TCF). Negli ultimi sei mesi, l’Iran ha importato benzina per un valore complessivo di 2 miliardi e 300 milioni di dollari.
Lo stato garantisce, ad ogni proprietario di un veicolo, una minima parte del suo fabbisogno ad un prezzo di 600 tuman ( circa 50 cent/€.), il rimanente dovrà comprarlo sul mercato Nero ad un prezzo che oscilla attorno ad un 1.5.€.
Ovviamente il mercato nero è gestito sempre dai fedeli al potere degli Ayatollah ( nessun iraniano è in carcere per traffico petrolifero. Infatti sono coinvolti in questo ambito tutti gli apparati dello Stato, come esercito, Passdaran, Bassij, le istituzioni della Sharia, ivi compresi i servizi segreti) che sono garantiti ancor di più rispetto prima.
La tecnologia del settore petrolifero è completamente dipendente dai paesi più avanzati: l’Iran non è in grado di raffinare il suo petrolio e i degasificatori si trovano all’estero. Mi chiedo e vi chiedo a chi interessa che il petrolio sia gestito dallo Stato: lo spostamento delle persone e dei mezzi sono subordinati allo stato e con l’andare del tempo saranno sempre più controllati. I gestori del mercato nero, di fatto, potrebbero controllare la popolazione mettendo a confronto il fabbisogno reale ( fisiologico) e quello per altri motivi. Ovviamente lo Stato teocratico Iraniano ha un forte bisogno di petrolio. Tuttavia l’incasso dal petrolio, oltre a non alimentare la ricchezza per il Paese, ha prodotto un sistema mafioso senza precedenti. Una parte delle lacerazioni politiche ai vertici dello Stato in Iran è proprio relativa alla sopravvivenza dello Stato tramite il petrolio.
2. ( Il sistema bancario dell’Iran)
Il presidente golpista iraniano Mahmud Ahmadinejad, ha definito le sanzioni economiche ” patetiche”, mentre l’uomo più ricco e presidente dell’assemblea degli esperti ed ex. presidente Hashemi Rafssanjani le ha definite “ serie e vanno prese seriamente”, poiché il danno provocato delle sanzioni è molto grave per il sistema bancario iraniano.
Dal mese di Febbraio 2010, cioè da quando le banche iraniane non hanno onorato i prestiti, è iniziata una crisi senza precedenti e questo nonostante la banca nazionale dell’Iran ( Bank Melli Iran) si trovi ai primi posti tra le dieci banche islamiche del mondo. Il sistema bancario, nella sua totalità, è entrato in un tunnel che deriva dalle sanzioni subite nel 2007, quando le prime iniziative dell’ONU hanno colpito la Banca Sepah.
Allo stato attuale le sofferenze delle banche iraniane sono circa il 20% del totale della disponibilità delle banche, mentre la media internazionale è attorno a 4%. Il tasso d’interesse nominale è attualmente ( giugno 2010), attorno al 14%, mentre l’inflazione reale del Paese energetico è attorno al 30%.
Certo il tasso ufficiale è molto inferiore rispetto a quello del mercato illegale, che è comunque gestito dagli istituti religiosi del Paese.
Per quanto concerne la situazione delle banche, se pensiamo alle ingenti cifre per la repressione del popolo e oltre il 90% degli appalti” vinti” dai Passdaran, ci rendiamo conto che lo Stato continua ad impoverire il sistema mafioso delle banche iraniane. Poiché oltre l’85% della quota azionaria delle banche è nelle mani dello Stato Teocratico del Giureconsulto.
Attualmente la garanzia monetaria del regime è valutata attorno a 10 miliardi e il debito pubblico ( 127.000 miliardi di per ogni iraniano valutato 2.200.000 tuman ( circa 1.900.00 euro ).
Per quanto concerne il rapporto economico con Israele, esso non segue le dichiarazioni di Ahmadi Nejad e tanto meno i governanti israeliani. L’ Iran vende marmo, la pietra di Gohar . Si tratta di una pietra particolare e si trova solo in Iran. Infatti le banche in Israele sono coperte tutte con pietre iraniane: la triangolazione avviene tramite la Turchia, nei ultimi tre anni l’introito dell’Iran dalla vendita di marmo ha toccato i 23 milioni di dollari. Altro che negazionismo della Shoh. Un altro capitolo è la vendita di tappeti persiani in Israele: il 40% dei tappeti venduti in Israele sono persiani, ma non con il nome di Esfahan e Qum. Città che tutti i giorni sono sulle prime pagine dei quotidiani dello stato Ebraico per la questione nucleare. I commercianti dicono che sono fatti i India e Cina. Non trascuriamo il pistacchio iraniano che in Israele rappresenta il 90% del commercializzato . Si sa che i soldi non hanno religione anzi bruciano la religione, non dimentichiamoci la triangolazione di Israele nella vendita di armi all’Iran .
3. Nell’anno appena trascorso, l’ inflazione in Iran ha raggiunto due cifre ( basti pensare al tasso d’interesse e al costo del denaro per comprendere questa realtà). Nell’atmosfera determinata dalle sanzioni economiche, dal mese di Febbraio l’ Iran è costretta ad acquistare i beni di prima necessità dall’estero e ad un prezzo elevato. In questa situazione, con la crisi internazionale, le sanzioni economiche si sommano alla spesa ingente per mantenere la macchina repressiva. Ciò ha prodotto un aumento del prezzo dei prodotti nel mercato che hanno toccato cifre mai viste prima d’ora. I fondamenti dell’economia iraniana sono dipendenti da altri Paesi e la sua produzione industriale è ai minimi, rispetto dieci anni fa. In un Paese dove la produzione è al minimo, gli investimenti dei capitali interni ed esteri sono in caduta libera, i prezzi lievitano di giorno in giorno e sono destinati ad arrivare ad un punto di non ritorno. Tutto ciò accade alla fine del quinquennio dove lo Stato Iraniano ha incrementato di circa il 24% il suo incasso dall’ export nel settore petrolifero ed artigianale . Secondo il direttore della banca centrale iraniana, sig. Bahmani, 359 prodotti sono diminuiti di prezzo, senza specificare che ciò è dovuto al fatto che il potere d’acquisto della popolazione ha raggiunto al minimo. Nonostante ciò i prezzi di beni di prima necessità come la carne, il pane, frutta, verdura, sono cresciuti. In soli quattro mesi il prezzo dello zucchero, per fare un esempio, è cresciuto del 110%. Olio e riso sono altre materie che sono aumentate in modo spaventoso.
4. La produzione delle industrie è in caduta libera. Le sanzioni di cinque compagnie ( francese, olandese, inglese e italiano), avranno una conseguenza immediata molto forte sul sistema produttivo iraniana. Da circa 3 anni non passa giorno che qualche industria importante non chiuda. La cifra di disoccupati, nei ultimi 2 anni, ha toccato circa 2 milioni di unità . Attualmente circa il 50% delle industrie sono ferme oppure non attive. Quasi il 90% del comparto tessile non esiste più .
5. Sepahe Passdaran ( esercito di Passdaran): l’art. 147 della costituzione della R.I., riconosce la libertà di movimento a 360 gradi. Questo implica un riconoscimento politico ed economico e si estende sino al controllo della sicurezza della nazione, costruendo mostruose agglomerazioni d’interessi di tipo mafioso. Circa il 90% degli appalti di ogni genere viene aggiudicato ai pasdaran. Oggi con il potere nelle mani dei Passdaran, anche la fisionomia di oltre 100 università iraniane ( Pubbliche e Private) è cambiata. La presenza dei pasdaran tra i rettori e i docenti si conta in migliaia . Questa organizzazione rappresenta una vera mafia al potere, controllata dall’Ayatollah Alì Khamenei e dal presidente della Repubblica Mahmud Ahmadi Nejad. Vediamo in dettaglio la presenza economica nella società iraniana: il ministero del petrolio ha concesso il progetto del Gas per 21 miliardi, il progetto della costruzione di autostrade per una rete di 1000 km. È totalmente nelle mani dei Passdaran, anche la 7° linea ( da 1 miliardo di dollari) della metropolitana di Teheran. Non può essere certo dimenticata la loro ingerenza nel settore delle telecomunicazioni e nell settore petrolifero: tutto ciò avviene a porte chiuse e senza la presenza di offerte alternative o concorrenziali.
6. In questa ottica si potrebbe dire, con certezza, che in assenza di risorse energetiche, il potere di giureconsulto ( corrotto, militare e liberista), non potrebbe durare neanche un mese ( il liberismo neocon negli USA senza una democrazia non sarebbe crollato così presto).
7. La dipendenza dello Stato dal petrolio ha prodotto, in decenni, un freno per la crescita anche della borghesia, per lo sviluppo delle classi medie e delle classi lavoratrici organizzate, dei sindacati liberi e di tutta la società civile. In questi paesi lo stato garantisce la sua sopravvivenza mediante l’incasso del petrolio, cioè la mentalità economica derivante dalla rendita petrolifera non permette la crescita di una mentalità democratica. La democrazia ha la necessità di una finanza basata sulla produttività non sui proventi della vendita di materie prime ( giacimenti, metalli e quant’altro). Pensate alla non produttività: l’Iran in sua assenza, vende il petrolio ed importa una parte cospicua del fabbisogno di carburanti. La distribuzione di denaro per il mantenimento di una parte della popolazione, produce una cultura di parassitismo e di schiavitù. L’Iran, secondo Transparency International ( una organizzazione che attiva in oltre 100 paesi ), si trova al 168 posto su 180 paesi del mondo. Le compagnie sono nemiche della modernità (basti ricordare nel 1953 il ruolo delle compagnie petrolifere inglesi e la presenza dell’intelligence prima e l’intervento della CIA dopo, durante il regime dello Scia sino al 1979).
Il petrolio nelle società non democratiche, come l’ Iran di oggi, non solo è un freno allo sviluppo economico, ma bensì genera la mentalità e l’opportunità di concentrare tutti gli appalti nelle mani dello Stato ( vedi la legittimazione del Passdaran, in ossequi dell’art. 147 della costituzione della R.I.).

Le sanzioni economiche nei confronti del regime della Repubblica Islamica sono misure la cui efficacia si deve valutare non con l’indebolimento della nomenclatura al potere ma con il grado di sofferenza provocato ai popoli dell’Iran. Le sanzioni economiche esercitano una indubbia pressione sulla nazione iraniana. Ma la stessa è formata da individui con differenti capacità di resistenza alle restrizioni economiche. I ceti più deboli sono più esposti e, allo stesso tempo, più ricattabili dal regime. Le elite sociali, organizzate attorno al potere, possono far fronte alla penuria di beni attraverso il loro ruolo di forza nella società iraniana e attraverso i mille rivoli del commercio legale ed illegale. Le sanzioni economiche rafforzano le mafie, soprattutto quando sono connaturali ai centri di potere.
L’idea, empirica, che comprimendo per lunghi periodi di tempo una società già sottoposta a repressione e privazioni, dal basso e dall’interno si eserciti una pressione sull’apparato e se ne determini il collasso è priva di fondamento. Lo dimostra il fatto che quando i movimenti di piazza riescono a mettere sotto pressione il regime, non c’è alcun aiuto internazionale effettivo e materiale da parte dei promotori delle sanzioni contro il regime. Le sanzioni economiche sono una crudele messa inscena mediatica che getta fumo negli occhi delle opinioni pubbliche del mondo: nasconde il fatto che nessuno ha davvero intenzione di favorire processi democratici autentici in quest’area ( come non è successo né in Iraq né in Afghanistan) abbattendo regimi perché governi il popolo, assai più pericoloso, per le nomenclature internazionali, del regime islamico.
Italia li, 27.10.2010
Mohsen Hamzehian
Unione per la democrazia in Iran – updi@libero.it

 

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