Aggiornato il 03/05/18 at 04:38 pm
La foto del figlio morto sulla spiaggia turca di Bodrum è diventata il simbolo del dramma siriano e ha risvegliato l’attenzione del mondo nei confronti dei richiedenti asilo in marcia verso l’Europa, spesso a costo della vita…….
Ora il padre del piccolo Alan Kurdi, Abdullah, vive nel Kurdistan iracheno e precisamente a Erbil, grazie all’ospitalità del premier curdo Nechirvan Barzani che gli ha offerto una casa e la promessa della gestione di una ong per aiutare i bambini costretti a fuggire dalla Siria in guerra.
La foto del figlio morto sulla spiaggia turca di Bodrum è diventata il simbolo del dramma siriano e ha risvegliato l’attenzione del mondo nei confronti dei richiedenti asilo in marcia verso l’Europa, spesso a costo della vita.
Ora il padre del piccolo Alan Kurdi, Abdullah, vive nel Kurdistan iracheno e precisamente a Erbil, grazie all’ospitalità del premier curdo Nechirvan Barzani che gli ha offerto una casa e la promessa della gestione di una ong per aiutare i bambini costretti a fuggire dalla Siria in guerra.
Intervistato dal quotidiano britannico The Guardian, Abdullah Kurdi non appare sereno nonostante il progetto di aiutare soprattutto le persone nella sua città natale, Kobane: “Sarebbe stato meglio se fossi morto con la mia famiglia”.
L’uomo, ex barbiere di 39 anni, piange ancora la perdita dell’intera famiglia durante la traversata dalla Turchia alla Grecia, quando l’imbarcazione si è rovesciata e non è riuscito a salvare la moglie Rehanna e i due figli: Ghalib, 5 anni, e Alan (che per mesi è stato erroneamente chiamato Aylan).
“Volevo che la comunità internazionale aprisse il proprio cuore alla sofferenza dei rifugiati”, dice al Guardian. “Ma nessuno mi ascoltava. Tutti volevano soltanto usare quella foto e quello che mi era successo per i loro scopi”.
Persino il premier turco Erdogan, che solitamente usa il pugno di ferro con i curdi, ha prospettato ad Abdullah Kurdi la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno illimitato in Turchia. Kurdi ha rifiutato. E ora viene considerato un eroe sia dai curdi siriani che dai curdi iracheni.
Nel Kurdistan iracheno ha ottenuto anche l’iscrizione onoraria all’esercito peshmerga ed è stato invitato alle numerose iniziative umanitarie sponsorizzate da Barzani per andare incontro alle necessità dei profughi curdi in fuga dall’Isis. L’unica a stargli vicino umanamente è la sorella Tima, che ricorda la vita precedente di Abdullah: “Abdullah e Rehanna stavano raggiungendo la felicità. Stavano così bene insieme. Ma la guerra ha cambiato tutto”.
Prima del conflitto la famiglia Kurdi viveva in un sobborgo di Damasco. Poi hanno raggiunto la Turchia, e qui hanno tentato la fortuna imbarcandosi alla volta di Kos. Ma qualcosa è andato storto. Abdullah ha visto morire davanti ai suoi occhi prima Rehanna poi i bambini. E il corpo di Alan, ancora perfettamente vestito, è stato trascinato dalle onde fino alla riva. Il padre è stato accusato di essere un trafficante di esseri umani, ma l’inchiesta che è seguita all’incidente ha potuto confermare che non è
http://www.huffingtonpost.it/2015/12/22/padre-alan-kurdi-_n_8861914.html
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