Aggiornato il 03/05/18 at 04:37 pm
di Shorsh Surme
Riad Ahmad Khalil, cittadino curdo Siriano, è morto in carcere in circostanze misteriose. Riad era nato nel 1968 a Afrin nella provincia di Aleppo. La denuncia è stata fatta dal Comitato Siriano per i diritti umani (MAD) e dall’Organizzazione curda per la difesa dei diritti umani e delle libertà pubbliche in Siria. Riad e i suoi due figli, Ahmad e Damhat, sono stati arrestati dalla polizia politica siriana. Le autorità siriane hanno riferito che Riad è morto il 28 agosto scorso a causa di una emorragia interna, cosa che è stata smentita dalla famiglia, che ha confermato che Riad non soffriva di nessuna patologia ed era di buona salute.
Egli è stato sepolto lo stesso giorno nel cimitero di Afrin, sotto strette misure di sicurezza, e ai suoi famigliari non è stato permesso di vederlo neanche da morto. I suoi figli Ahmed e Damhat sono ancora detenuti presso la sede della famigerata ‘Amen’ la polizia politica. Non hanno avuto nessuna possibilità di partecipare ai funerali del padre.
In Siria, vivono due milioni di Curdi. A dispetto dei progressi nei diritti civili e politici dei Curdi che vinono in Iraq e in Turchia, i Curdi siriani vivono da decenni sotto un regime che li discrimina in molti campi fondamentali della vita civile: sul lavoro, nelle scuole e nell’esercito. A un Curdo non è concesso di parlare la propria lingua e la regione nordorientale in cui vivono – che viene chiamata il piccolo Kurdistan del Sud – è stata lasciata completamente abbandonata dal regime siriano e vive in condizioni di sottosviluppo rispetto al resto del Paese.
Ci sono piu’ 300.000 curdi che vivono in Siria e dovrebbero essere cittadini di quel paese, ma che legalmente sono apolidi da quando, nel 1962, un censimento non tenne conto di centoventimila di loro. Ancora oggi, questi ultimi e i loro discendenti non possono votare, registrare proprietà a proprio nome e nemmeno espatriare.
Tutto il malcontento e le frizioni sociali accumulatesi negli anni tra curdi e maggioranza araba sono esplosi nel marzo 2004, quando un incontro di calcio degenerò in una serie di scontri di piazza con la polizia. Le manifestazioni nelle città di Qamishli e Aleppo portarono alla morte di 40 persone e al successivo arresto di duemila curdi provenienti da tutto il paese.
Di fronte a questi fatti la stampa occidentale è in totale silenzio.
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