Aggiornato il 07/01/25 at 05:34 pm
di Shorsh Surme –———Tra le domande che vengono poste in questi giorni circa la crisi siriana vi è quella sul futuro del popolo siriano e del popolo curdo del Rojava. L’avvento al potere degli islamici sunniti radicali in Siria e Afghanistan e il silenzio degli Stati Uniti e dell’occidente, che avevano inserito i vari gruppi oggi al potere fra le organizzazioni terroristiche, indica un cambiamento pragmatico dell’approccio politico.
La vecchia banda dell’Isis, il Consiglio di liberazione siriano, non ha bisogno di previsioni, perché ha imposto le stesse leggi dei talebani a Idlib. La questione è come queste forze islamiche possano servire ad attuare i piani di sicurezza del mercato e i progetti strategici economici e politici degli stati borghesi che attualmente stanno perseguendo questi piani in Siria e in Medio Oriente.
Il rapporto degli Stati Uniti e dell’occidente con gli islamisti è sempre cambiato in base agli interessi e alle strategie. Inizialmente gli Stati Uniti e l’occidente avevano queste forze durante la Guerra Fredda, e in seguito avevano attivato fronti opposti in Afghanistan, Iraq e Siria. Da parte iraniana sono state le forze jihadiste in Iraq e Siria per colpire gli Stati Uniti. Ora, con la sconfitta dell’Iran in Siria, la Turchia ha sostituito il ruolo della Repubblica Islamica e sta utilizzando le forze jihadiste per stabilire il proprio dominio in Siria. Il regime islamico sunnita siriano sta accettando di rimanere sotto il cappello statunitense a meno che la Turchia non gli impedisca di limitare la giurisdizione dell’amministrazione del Kurdistan occidentale.
Il principale cambiamento arrivato con la caduta di Bashar al-Assad è la sconfitta del “fronte difensivo” della Repubblica Islamica dell’Iran e l’eliminazione della posizione dello Stato russo nella regione, fatti che insieme alla sconfitta di Hamas e Hezbollah hanno completamente fatto crollare la strategia dell’Iran in Medio Oriente.
Grazie a questi cambiamenti Israele e gli Stati Uniti potranno delineare progetti economici, di sicurezza e militari congiunti con l’Arabia Saudita, gli Stati arabi e il Golfo.
Pertanto la caduta di al-Assad ha solo comportato che il popolo siriano non fosse più ostaggio della strategia anti-israeliana della Repubblica Islamica dell’Iran in Medio Oriente. Per due decenni Teheran ha rivoltato la Siria e la regione in un inferno in cui sono state uccise o ferite nove milioni di persone e sfollate in 14 milioni. La caduta di al-Assad è la scomparsa di un criminale di guerra in un barbaro, ma tutti gli altri criminali sono al potere. Come ci si può aspettare che queste stesse forze creino un’isola pacifica e una vita dignitosa per il popolo siriano nella continuazione di questa guerra regionale?
La guerra di Gaza ha dimostrato che la questione palestinese non è più parte di una guerra regionale più ampia. La caduta della dittatura di al-Assad non segna tuttavia la fine delle guerre e dei problemi del popolo siriano, e ciò che si prospettano sono anni di tensioni politiche, sociali e militari.
Il romanticismo della fine del XX secolo, la caduta delle dittature, la crescita delle democrazie, dei diritti umani, della sovranità dei confini degli stati del Medio Oriente e della guerra al terrorismo hanno ora lasciato il posto ai calcoli economici, ai mercati dei capitali, alle aziende e al petrolio, e la porta ora è aperta agli interessi delle borghesie straniere.
Da più di vent’anni i popoli dell’Iraq e del Kurdistan pagano il prezzo dell’inferno borghese importato dagli Stati Uniti, dall’Iran e dalle forze islamiche e nazionaliste. All’orizzonte della Siria vi sono l’imposizione della Sharia islamica, il passaggio al controllo della Turchia e la permanenza nel cerchio della guerra tra gli stati regionali, ben finanziati dagli Stati Uniti.
I curdi però, nonostante la loro determinante lotta all’Isis, come a Kobane, sembrano destinati ancora una volta a essere messi da parte nelle loro istanze e nei loro diritti. Perché di autonomia e di rispetto delle minoranze i jihadisti che governano Damasco sembrano non volerne sapere.