Aggiornato il 31/01/24 at 06:51 pm
di Shorsh Surme –———Dopo che domenica un attacco di droni ha ucciso tre soldati americani in Siria, Washington ha immediatamente accusato “gruppi militanti radicali sostenuti dall’Iran che operano in Siria e Iraq”. In Iraq tali fazioni sono affiliate ad Hashedal-Shaabi, si tratta principalmente di ex paramilitari filo-iraniani ora integrati nelle forze armate irachene. Hanno una grande influenza politica. La loro retorica evidenzia l’ostilità verso gli Stati Uniti e il loro ruolo in quello che l’Iran chiama “l’asse della resistenza” contro Israele, uno stretto alleato degli Stati Uniti.
Washington ha promesso una risposta “consequenziale” all’attacco mortale, con il quale l’Iran ha affermato di non avere nulla a che fare.
L’attacco in Siria ha seguito gli stessi metodi di quelli con razzi e droni effettuati da metà ottobre da gruppi filo-iraniani contro i soldati americani e quelli della coalizione internazionale che combatte lo Stato Islamico (Isis) in Iraq e in Siria. Questi attacchi sono una conseguenza della guerra tra Israele e Hamas, sostenuto dall’Iran, combattuta nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre, e sollevano lo spettro di un conflitto più ampio.
La maggior parte dei 165 attacchi finora sono stati rivendicati dalla Resistenza Islamica in Iraq, una libera alleanza di gruppi armati affiliati all’Hashed. Essa afferma di agire in solidarietà con i palestinesi e di volere la partenza dei circa 2.500 soldati statunitensi che si trovano in Iraq come parte di una coalizione internazionale contro gli jihadisti del gruppo Stato Islamico.
In rappresaglia agli attacchi contro le sue truppe, Washington ha preso di mira Kataeb Hezbollah e Harakat al-Nujaba, un’altra fazione Hashed, con attacchi militari.
Entrambi i gruppi hanno affermato di partecipare alla “Resistenza”, ma martedì scorso Kataeb Hezbollah ha annunciato che sospenderà gli attacchi contro le truppe Usa “per evitare qualsiasi imbarazzo per il governo iracheno”. Gli Stati Uniti hanno anche accusato Kataeb Sayyid al-Shuhada di attacchi contro le truppe americane.
Classificati come “terroristi” da Washington, i gruppi rivendicano l’appartenenza all’”asse della resistenza”, insieme ai ribelli Huthi dello Yemen, a Hezbollah in Libano e al movimento palestinese di Hamas.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, che ha sede in Gran Bretagna, tali combattenti sostengono il governo nella vicina Siria.
I gruppi sono formalmente affiliati all’Hashed (Mobilitazione Popolare) costituita nel giugno 2014 per sostenere le forze irachene che combattono l’Isis, dopo una fatwa dell’ayatollah Ali al-Sistani. Questi, la massima autorità religiosa dell’Islam sciita in Iraq, aveva lanciato un appello alla “jihad” contro l’Isis che stava conquistando aree del paese.
Hanno attirato i combattenti dai gruppi armati sciiti che hanno lottato contro le forze americane dopo l’invasione guidata dagli Stati Uniti del 2003 che ha rovesciato il dittatore Saddam Hussein.
Nel 2016 una legge ha integrato gli Hashed nelle forze di sicurezza regolari e un anno dopo essi hanno contribuito alla sconfitta dell’Isis insieme alle forze sostenute dalla coalizione internazionale guidata da Washington.
Durante quella guerra nuovi gruppi armati sono stati creati e addestrati dal generale Qasem Soleimani, che era a capo della Forza Quds, il braccio delle operazioni esterne del Corpo delle Guardie rivoluzionarie islamiche iraniane.
Un attacco di droni statunitensi ha ucciso Soleimani all’aeroporto di Baghdad nel 2020.
Oggi l’Hashed comprende decine di gruppi e più di 160mila uomini secondo le stime, anche se né le autorità né il gruppo pubblicano dati ufficiali.
Nel corso degli anni sono emersi diversi leader, tra cui Abu Mahdi al-Muhandis, luogotenente iracheno di Soleimani, che morì insieme a lui.