Aggiornato il 28/12/23 at 07:06 pm
di Shoresh Surme –———Mentre aumentano le vittime della guerra tra Israele e Hamas e cresce la pressione globale per allentare le violenze, i mediatori internazionali lanciano proposte per un nuovo cessate-il-fuoco. Tuttavia entrambe le parti hanno posto condizioni apparentemente inaccettabili, portando i diplomatici a ritenere che un accordo per una tregua duratura rimane lontano.
Alla fine di novembre, un cessate-il-fuoco durato una settimana ha visto Hamas rilasciare più di 100 ostaggi rapiti durante l’attacco del 7 ottobre contro Israele. A sua volta Israele ha liberato circa 240 prigionieri e detenuti palestinesi e ha consentito l’ingresso di ulteriori aiuti umanitari a Gaza. I mediatori, incontratisi in Qatar, speravano che la pausa avrebbe gettato le basi per la fine dei combattimenti.
Ma la tregua è scaduta e le forze israeliane hanno intensificato la guerra, che secondo i funzionari militari potrebbe durare “molti altri mesi” per giungere all’obiettivo di smantellare Hamas.
Il timore oggi è che il conflitto possa estendersi, con l’interesse del gruppo armato libanese Hezbollah e dei militanti Houthi dello Yemen, questi impegnati in attacchi contro le navi del Mar Rosso dirette o provenienti da Israele. Le forze statunitensi stanno bombardando obiettivi iraniani in Siria e in Iraq.
Sono ormai più di 20mila i palestinesi uccisi a Gaza, tra cui migliaia di bambini.
Non si conosce il numero dei militari israeliani rimasti uccisi a Gaza, presumibilmente introno a 500, un dato ottenuto incrociando diverse informazioni e che sta scuotendo ulteriormente l’opinione pubblica israeliana.
La posizione di Israele rimane quindi ferma, ma fonti ufficiose hanno rivelato che sul tavolo del governo vi sono diverse proposte di mediazione, tra cui quella egiziana.
In un articolo pubblicato lunedì sul Wall Street Journal, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito la sua posizione secondo cui Hamas deve essere distrutto e Gaza smilitarizzata, una posizione che sembra escludere qualsiasi ruolo del partito nella Gaza del dopoguerra.
Tuttavia lo stesso premier è sottoposto a crescenti pressioni interne, intensificatesi con l’uccisione per errore di tre prigionieri israeliani a Gaza City questo mese.
Hamas, in dichiarazioni pubbliche, sembra respingere qualsiasi accordo per il rilascio degli ostaggi rimanenti se non comporta la fine sostenibile delle ostilità. Mercoledì, in un’intervista con il New York Times, Zaher Jabareen, membro della leadership politica del gruppo, ha affermato che il primo passo dovrebbe essere quello di fermare l’uccisione di persone a Gaza.
“La nostra posizione, che abbiamo comunicato a tutte le parti, è che chiediamo un cessate-il-fuoco totale prima di parlare di altre questioni”, ha affermato.
Diversi paesi, incluso l’Egitto, hanno avanzato proposte, ma non è stato possibile discutere i dettagli, ha aggiunto Jabareen.
Dall’inizio della guerra entrambe le parti hanno rilasciato dichiarazioni intransigenti in pubblico, anche se i colloqui sono proseguiti in modo ufficioso, spesso attraverso il governo del Qatar, che ha mediato la tregua di novembre. Nonostante le dichiarazioni bellicose di alcuni funzionari israeliani, il governo ha affermato che intende passare a una fase di combattimento meno intensa, dopo le ripetute pressioni da parte degli Stati Uniti, il più forte alleato, per ridurre i combattimenti e limitare i danni ai civili.
Ron Dermer, uno dei principali consiglieri di Netanyahu, si è recato a Washington martedì e ha incontrato Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Biden, e il segretario di Stato Antony J. Blinken. Un funzionario della Casa Bianca ha affermato che i colloqui riguardavano l’orientamento verso una fase diversa della guerra per “massimizzare l’attenzione sugli obiettivi di Hamas di alto valore”, gli sforzi per liberare gli ostaggi rimanenti e la “pianificazione per il giorno dopo” la guerra, un riferimento a come sarà governata Gaza una volta finiti i combattimenti.