Aggiornato il 18/08/23 at 03:38 pm
di Shorsh Surme –——Dalla caduta della capitale, Kabul, ad opera dei talebani nell’agosto 2021, l’Afghanistan è diventato una delle principali fonti di preoccupazione per i paesi della regione e per la comunità internazionale in generale soprattutto per tre sfide principali: una crisi umanitaria che genera disordini socio-economici; la crescente minaccia del terrorismo come nel caso dell’Isis, presente in Afghanistan a causa dell’incapacità dei talebani di frenare i gruppi terroristici; il rifiuto dei talebani di partecipare politicamente ad altre minoranze etniche, cosa che rende discutibile la legittimità del regime del movimento da parte del popolo afghano e della comunità internazionale, aumentando così la possibilità di disordini politici e di sicurezza nel Paese.
In Afghanistan permane una considerevole sofferenza finanziaria, che ha gravi ripercussioni sui 41 milioni di afgani. L’economia afghana ha registrato un calo del 30%-35% nel periodo 2021-2022. Circa il 97% della popolazione afghana affronta il rischio di povertà, poiché il 91% del reddito medio della famiglia afgana va in cibo, il che spinge molte famiglie a ricorrere all’austerità e ad altre strategie di economia famigliare. Un’indagine condotta da Gallup nel dicembre 2022 ha rivelato che il 90% degli afgani ha difficoltà a trovare lavoro e a ottenere un reddito e l’86% di loro non è in grado di procurarsi il cibo. I donatori internazionali prevedono che l’aumento della disoccupazione in Afghanistan dovuto alla stagnazione dell’attività economica possa rendere 28,3 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria nel 2023, rispetto ai 24,4 del 2022.
Il problema degli aiuti umanitari è ulteriormente complicato dalle richieste specifiche del regime talebano, come il divieto alle donne di lavorare nel settore dello sviluppo e l’insistenza affinché le organizzazioni di donatori consentano la distribuzione degli aiuti umanitari attraverso canali ufficiali, invece di farli distribuire loro stessi. C’è anche un’altra accusa secondo cui il regime talebano utilizza gli aiuti per raggiungere i suoi obiettivi, il che complica ulteriormente il processo di distribuzione degli aiuti umanitari nel paese.
La crescente povertà ha provocato un aumento dei crimini come rapimenti, rapine e persino omicidi, che hanno portato a uno stato di insicurezza all’interno dell’Afghanistan. Fonti hanno indicato casi di coinvolgimento dei talebani in pratiche di corruzione, inclusa la vendita di armi lasciate dalla NATO in Afghanistan a trafficanti di armi. Queste fonti hanno anche riferito di casi di acquisizione di personalità importanti nelle file delle istituzioni militari e civili attraverso l’offerta di tangenti ad alti funzionari del movimento talebano.
Attualmente, il 75% della spesa pubblica in Afghanistan è sostenuta da aiuti internazionali, mentre le finanze statali soffrono ancora di ampi divari. Inoltre la continua violazione da parte del regime talebano dell’accordo di Doha tra il movimento e gli Stati Uniti nel 2020, in particolare la negazione dei diritti delle donne, gli attacchi di vendetta contro gli ex dipendenti del governo dell’ex presidente Ashraf Ghani e l’incapacità di impedire ai terroristi stranieri di usare le armi afghane terreno per lanciare attacchi transfrontalieri contro i paesi vicini, aumenta la possibilità che la comunità internazionale fermi gli aiuti internazionali e di conseguenza le difficoltà del regime talebano a gestire gli affari del paese.
L’altra faccia di questo declino economico è l’aumento dell’area di coltivazione dell’oppio in Afghanistan del 32% nel 2022 rispetto al 2021, nonostante l’emissione di una fatwa da parte del movimento talebano che proibisce questa sostanza stupefacente. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, “il reddito guadagnato dagli agricoltori afgani dalle vendite di oppio è più che triplicato, da 425 milioni nel 2021 a 1,4 miliardi di dollari nel 2022”. I media afgani hanno anche indicato che i talebani stanno tassando l’oppio contrabbandato attraverso il confine, il che equivale a legalizzare l’economia sommersa del paese.
Questo crollo socio-economico è accompagnato da restrizioni imposte dai “talebani” ai diritti fondamentali del popolo afghano, che ricordano il precedente dominio “talebano” durante il periodo 1996-2001. I diritti delle donne sono in prima linea nelle sfide interne. I talebani hanno imposto il divieto di istruzione alle ragazze e hanno impedito alle donne di lavorare, aumentando così le difficoltà economiche per le famiglie afgane che stavano già lottando per soddisfare i loro bisogni primari. Il regime talebano ha chiesto fin dall’inizio che le donne non lasciassero le loro case senza un Mahram. Nonostante queste dure fatwa, le donne continuano a scendere in piazza per protestare contro il regime talebano, ma senza successo. Oltre a queste restrizioni, i “talebani” hanno iniziato ad attuare dure punizioni islamiche, come il taglio della mano, la fustigazione in pubblico e l’esecuzione come punizione per alcuni reati, che sono in aumento a causa della crescente povertà nel Paese. Un rapporto ha indicato che la motocicletta del giudice capo del movimento talebano nella provincia di Ghor è stata rubata mentre era impegnato a frustare i sospetti in incidenti di rapina. Questo incidente evidenzia il fallimento di dure punizioni per dissuadere le persone dal commettere crimini a causa delle crescenti difficoltà economiche.
La sicurezza interna in Afghanistan rimane instabile, nonostante sia passato quasi un anno e mezzo da quando i talebani hanno preso il controllo del paese. La principale fonte di resistenza al dominio talebano proviene da due parti: i gruppi armati di resistenza nazionale contro i “talebani”; e l’organizzazione “Stato Islamico – emirato del Khorasan”, che è considerata un ramo dell’ ISIS nella regione.