Aggiornato il 21/06/23 at 12:14 pm
di Shorsh Surme –—-Una delegazione turca incontrerà lunedì i funzionari iracheni e curdi per discutere della ripresa delle esportazioni di petrolio della Regione del Kurdistan. A quasi tre mesi dal blocco Erbil ha subito pesanti perdite, con dipendenti pubblici che non prendono da mesi lo stipendio.
La Turchia ha interrotto il flusso di petrolio curdo attraverso l’oleodotto Iraq-Turchia il 23 marzo scorso, quando una sentenza di un tribunale arbitrale di Parigi ha dato ragione a Baghdad contro Ankara, affermando che la Turchia ha violato un accordo sull’oleodotto del 1973 e ha permesso alla Regione del Kurdistan di iniziare a esportare petrolio in modo indipendente nel 2014, suscitando le ire del governo centrale iracheno.
“All’incontro di Baghdad parteciperanno i rappresentanti del ministero dell’Energia turco, del ministero delle Risorse naturali della Regione del Kurdistan, della SOMO [Iraq State Oil Marketing Organization] e del ministero del Petrolio iracheno”, ha dichiarato a Rudaw Nahro Rawanduzi, vice capo della commissione per il petrolio e il gas del Parlamento iracheno.
Circa 400mila barili al giorno vengono esportati da Erbil attraverso la Turchia, a cui si aggiungono oltre 75mila barili di petrolio provenienti da Kirkuk.
Rawanduzi ha dichiarato che il principale ostacolo che impedisce al petrolio di tornare a fluire “è un’altra denuncia presentata dall’Iraq contro le esportazioni di petrolio della Regione del Kurdistan attraverso l’oleodotto di Ceyhan dal 2019, fino alla sospensione delle esportazioni”, e chiede un risarcimento di 2 miliardi di dollari.
La Camera di Commercio Internazionale (ICC) ha ordinato alla Turchia di pagare una penale di 1,4 miliardi di dollari di danni a Baghdad per aver permesso al governo regionale del Kurdistan (KRG) di esportare autonomamente il proprio petrolio tra il 2014 e il 2018.
Erbil e Baghdad hanno raggiunto un accordo all’inizio di aprile per riprendere le esportazioni, ma le elezioni presidenziali turche del mese scorso ne hanno procrastinato l’inizio.
Il KRG dipende fortemente dalle entrate petrolifere, e l’impossibilità di vendere il suo greggio ha avuto un grave impatto sulla sua economia. Secondo le stime della Reuters, Erbil ha perso oltre 2 miliardi di dollari da quando le esportazioni sono state interrotte.
In realtà ci sono molti partiti nazionalisti, sia sciiti e sunniti, che vorrebbero che il Kurdistan tornasse completamente sotto Baghdad come ai tempi del dittatore Saddam Hussein. Per questo i due partiti principali curdi, il PDK (Partito Democratico del Kurdistan) e il PUK (Unione Patriotica del Kurdistan) sono chiamati ora a risolvere le divergenze con il governo centrale. Tra le ricadute vi potrebbe essere il ritiro dalla regione dei militari occidentali, tra cui quelli italiani, cosa che potrebbe aprire a uno scenario simile a quello afgano.