Aggiornato il 20/05/23 at 06:58 pm
di Shorsh Surme –——-La Turchia ovviamente, non è una democrazia liberale. Il mancato rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, uno stato di diritto eroso e una mancata separazione dei poteri non lasciano spazio a dubbi.
Eppure, paradossalmente, questo è esattamente ciò che rende la prima tornata elettorale della Turchia così straordinaria: in un sistema politico in cui i diritti, i controlli e gli equilibri sono stati annullati: le elezioni non possono essere eque. Nonostante ciò nessun candidato ha ottenuto la maggioranza assoluta, portando la Turchia a un secondo turno di votazioni, il 28 maggio.
Difficilmente si può immaginare un secondo turno elettorale nella Russia di Vladimir Putin, nella Cina di Xi Jinping o nell’Egitto di Abdel Fatah al-Sisi. Eppure in Turchia, nonostante il sistema politico non fosse realmente democratico, la società ha dimostrato una resilienza democratica da ammirare, e a prescindere dall’esito del secondo turno questo merita una riflessione.
Con una quota del 49,5% al primo turno il presidente Recep Tayyip Erdogan ha ora il vento in poppa. E se anche solo una parte del 5% dei voti del candidato nazionalista Sinan Oğan andasse al leader in carica, sarà una netta vittoria contro il candidato dell’ opposizione Kemal Kilicdaroglu.
I risultati sono stati ben al di sotto delle aspettative anche per l’opposizione, con gli analisti che hanno sottovalutato la capacità di resistenza di Erdogan, molti pensavano che questa volta sarebbe stato diverso. Le persecuzioni politiche, l’economia stagnante e la pessima gestione del post terremoto avrebbero dovuto tradursi in più voti per l’opposizione,
Al contrario il primo round delle elezioni indica un paese sempre più diviso geograficamente, con un crescente nazionalismo, l’acuirsi delle divisioni culturali e il fascino per l’autoritarismo populista.
Come ha sottolineato Politico, la rielezione di Erdogan sarebbe conveniente per l’Europa: Bruxelles farà pressione sulla Turchia contrapponendo i valori europei all’autoritarismo di Erdogan, e questo per perpetrare una dialettica che vede, ad esempio il prosieguo della politica sui migranti attraverso l’accordo del 2026. Ha anche avuto il suo effetto la strategia diplomatica turca nella crisi ucraina, si penso all’accordo sul grano.
La vittoria dell’opposizione in Turchia costringerebbe invece l’Ue a guardarsi allo specchio, mettendo a nudo le sue tante contraddizioni.