Aggiornato il 01/03/23 at 09:33 am
di Shorsh Surme ——-In questi ultimi 30 anni, precisamente dopo il crollo del muro di Berlino, il
disfacimento dell’impero Sovietico e la prima e la seconda guerra del Golfo,
molte cose sono peggiorate, basti pensare alla guerra che c’è stata nell’ex
Jugoslavia, ai conflitti permanenti in corso sia nel Continente nero, dalla
Somalia al Ruanda, sia in Asia, dalla Cecenia allo Sri Lanka, e alle repressioni
del governo turco, dil quello iraniano e del dittatore siriano nei confronti della
popolazione curda, oppure alle immigrazioni di massa dei poveri del Sud del
Mondo verso i paesi ricchi.
Gli spostamenti in massa di popolazioni si possono dividere in due grandi
categorie. Da una parte quelli che sono la diretta conseguenza della violenza
dell’Uomo, della sua volontà di dominare, della intolleranza verso i suoi simili.
Rientrano in questa importante categoria in particolare gli spostamenti dei
rifugiati, cioè di quegli individui la cui vita o libertà sarebbe in pericolo se
fossero costretti a ritornare nel loro Paese di origine. Dall’altra parte ci sono
invece gli esodi che sono la conseguenza di calamità naturali, di
sottosviluppo, di povertà, ma anche di catastrofi ecologiche. In questo caso
le popolazioni in fuga non sono costituite da rifugiati in cerca di asilo, ma più
semplicemente da essere umani in difficoltà che hanno bisogno di aiuto.
Può sicuramente ammettersi che, sia nell’uno che nell’altro caso, la gente è
obbligata a lasciare il proprio Paese per una questione di sopravvivenza. Non
è sempre facile isolare una causa precisa di fuga dei rifugiati, poiché i motivi
che inducono le persone a fuggire sono generalmente molto complessi.
L’esodo può avere per causa diretta una persecuzione individuale, un
conflitto armato, ma anche una campagna di repressione d’ordine politico,
economico, etnico o religioso; minimo comune denominatore è l’assenza o
l’inefficacia del sistema di protezione nazionale, a volte responsabile diretto
della situazione di crisi.
La grande maggioranza di rifugiati, oggi, non cerca di fuggire da atti di
persecuzione individuale, pur tuttavia ancora presenti, ma dalla violenza
generalizzata contro la popolazione civile, e dal radicale decadimento della
condizione di vita quotidiane che ne consegue. Nelle economie di quasi
sussistenza, i conflitti violenti arrestano la produzione ed impediscono la
distribuzione di generi alimentari. Le conseguenze sono spesso drammatiche:
carestia ed epidemia sono infatti pericoli ancora più gravi dello stesso
conflitto armato, e determinanti per lo spostamento d’intere popolazioni.
Anche cause di ordine ecologico, per cui Paesi sottosviluppati vengono
utilizzati come discariche di materie nocive, possono contribuire ad acutizzare
la angoscia delle popolazioni. In effetti l’erosione del suolo, la siccità ed altri
problemi ambientali, sono comuni, ad esempio, a gran parte del continente
africano, continente dove, con il 10% degli abitanti del pianeta, si conta il
30% della popolazione mondiale di rifugiati. In casi estremi, come nel caso
del Kurdistan sia nella parte irachena che in quella turca o iraniana, la
distruzione dell’ambiente naturale (ad esempio la distruzione totale di
ottomila villaggi con tutta la loro vegetazione e con la chiusura dei bacini
naturali per il rifornimento dell’acqua) è stata impiegata, deliberatamente,
come arma di guerra contro la popolazione curda.
Tra le varie forme di conflitto esistente, quello etnico è divenuto, negli ultimi
anni, la causa principale di fuga dei rifugiati. Naturalmente, pochi Stati
moderni sono etnicamente omogenei: esistono infatti, almeno 5mila gruppi
etnici diversi, all’interno dei 196 Stati indipendenti che esistono oggi nel
mondo, quindi il progetto di una eventuale costituzione di entità statali
etnicamente pure risulta palesemente improponibile. Ciò nonostante, la
tensione di tipo etnico si presta fin troppo facilmente ad essere strumento di
talune fazioni, desiderose di estendere la propria influenza.
Il conflitto etnico diviene, poi, probabile quando un solo gruppo detiene le
leve del potere e se ne serve per favorire i propri interessi, a detrimento di
quelli di altre componenti della popolazione nazionale. Basti ricordare, ad
esempio, quello che è successo nell’ex Jugoslavia: la popolazione di origine
albanese del Kosovo non ha avuto alcun riconoscimento in una visione ultranazionalista di una “Grande Serbia” cristiano-ortodossa. Non sempre, inoltre,
i gruppi dominanti hanno avuto il consenso della maggioranza. È il caso del
Sud Africa, dove per anni la pratica dell’apartheid ha escluso la popolazione
nera dai diritti di cittadinanza, un esempio emblematico a tal riguardo.
Violazioni gravi e massicce dei diritti umani, accompagnate da una flagrante
mancanza dello Stato nell’obbligo di difendere i propri cittadini, costituiscono
ancora la causa principale di fuga di molti rifugiati; assassinii, detenzioni
arbitrarie, torture e sparizioni, infatti, hanno un profondo impatto sulla
popolazione ed alimentano la spirale di paura e violenza che spingerà la
gente a cercare rifugio presso i paesi vicini.
Garantire il rispetto dei diritti umani, quindi, è ancora il migliore modo per
eliminare le cause che costringono i rifugiati all’esilio