Aggiornato il 31/08/22 at 10:04 pm
di Shorsh Surme —-La storia si ripete sempre. Come nel marzo del 1991 quando la Guardia Repubblicana del regime sanguinario di Saddam Hussein lanciò un massiccio attacco contro la popolazione curda, massacrando migliaia di civili nelle quattro città curde Kirkuk, Arbil, Sulaimaniya, e Dohuk, utilizzando bombe al fosforo e napalm sui civili in fuga. Questo attacco determinò l’esodo di quasi due milioni di curdi che fuggirono soprattutto per il timore che si ripetesse l’uso di armi chimiche.
Oggi la tragedia si ripete per i nostri fratelli del Kurdistan della Siria. Ecco Kobanè sta bruciando nell’indifferenza totale della comunità Internazionale. Sono 21 i villaggi curdi intorno Kobanê già caduti finora nella mani dei terroristi dell’Isis, tra questi i villaggi più popolati sono Dekerman, Boraz, Zerik Taleb, Jek Alfaraj,Qomeja, Qelhida, Jaada, Kunaftar; sul fronte orientale: Korik, Alaidanya, Bexdik, Metînî sul fronte occidentale di Kobane. Costringendo migliaia di civili fuggire verso il confine Turco senza riuscire ad entrare in Turchia, che in questo momento è l’unica via di uscita per la loro salvezza, cosa che i militari turchi che assediano il confine non li lasciano passare.
I curdi si trovano ad affrontare gli assassini dell’Isis ben organizzati e ben attrezzati e l’intervento americano non è davvero ben coordinato con le forze sul terreno. I curdi non chiedono le truppe, ma armi per poter affrontare l’Isis. A più di tre anni e mezzo dalla guerra civile in Siria, che ha provocato la morte di più di 160.000 persone e la distruzione pressoché totale della città di Aleppo la seconda città della Siria., dopo un anno dalla guerra, il regime di Assad si era ritirato dal Kurdistan della Siria, e i partiti curdi hanno cercato di difendere il loro territorio con la speranza che dopo la caduta del regime anche i curdi potessero avere uno status di autonomia all’interno di una Siria democratica. I Curdi, prima di lottare per la loro libertà, hanno sempre lottato per la democratizzazione dei Paesi dove vivevano e questo è stato il punto che ha scatenato i massacri e i genocidi nei loro confronti. Ecco anche oggi i curdi del Kurdistan della Siria (Kurdistan Rojewa) sono costretti a lasciare le loro case e i loro villaggi: 220 mila profughi curdi sono entrati nel Kurdistan dell’Iraq e il flusso non si ferma, come riferiscono le Nazioni Unite e il governo regionale curdo. Quelli che stanno attaccando i villaggi curdi dovrebbero lottare contro il regime Siriano e non contro una popolazione che da sempre è stata repressa. I tre milioni di curdi in Siria, che rappresentano il 9% della popolazione nelle tre regioni al confine turco-siriano, sono sistematicamente discriminati ed oppressi. A loro sono stati negati i diritti linguistici e culturali. I Curdi negli ultimi 90 anni hanno dovuto lottare per preservare la propria esistenza. Sono stati massacrati dai tutti i governi che sono succeduti in Iraq, in Turchia, in Iran e in Siria. In quest’ultimo Paese, nel corso della massiccia politica di arabizzazione iniziata nel 1962, a circa 120mila cittadini curdi è stata negata la cittadinanza siriana. Questo gruppo di cittadini senza patria, insieme ai propri discendenti anche loro senza diritti, non hanno nessuna identità, in quanto il regime siriano prima nell’era del padre Hafiz Al Assad poi quello del figlio Bashar Al Assad non hanno mai riconosciuto questi Curdi come cittadini di quel Paese.