Aggiornato il 07/06/22 at 03:26 pm
di Shorsh Surme –La Svezia e la Finlandia hanno perso la loro neutralità nel momento in cui hanno presentato domanda formale di adesione alla Nato. Ma sulla loro strada stanno affrontando un ostacolo inaspettato; la Turchia di
Recep Tap Erdogan.
Sebbene la Turchia sostenga la politica della “porta aperta” dell’Alleanza, il veto di Ankara riflette l’obiettivo di conseguire vantaggi nel Mediterraneo orientale, in Siria e nella sua politica interna.
Non dimentichiamo che la Turchia ha avuto sempre rapporti difficili con la Nato. Nel 2009 Ankara addirittura bloccò la nomina dell’ex primo ministro danese Anders Fogh Rasmussen a segretario generale della Nato a causa della sua difesa della libertà di parola durante la crisi delle vignette danesi del 2006.
L’attuale posizione è per certi versi una conseguenza di episodi precedenti, soprattutto in relazione alla regione curda della Siria. Ma si sta svolgendo sullo sfondo di diverse realtà geopolitiche, tra cui il deterioramento delle relazioni tra l’occidente e la Russia, nonché un nuovo contesto politico interno alla Turchia.
Il recente confronto tra Grecia e Turchia ha avuto una retroscena che riguarda le tensioni dirette tra Ankara e Washington, che si stanno accumulando da tempo. Quando nel 2017 il presidente turco Erdogan e il leader russo Vladimir Putin si sono accordati per l’acquisto del sistema missilistico russo S-400, gli Stati Uniti hanno reagito escludendo la Turchia dal programma di sviluppo dei caccia F35, vietandone l’acquisto. Anche perché lo stesso sistema missilistico è stato progettato proprio per contrastare tali aerei.
Negli ultimi mesi l’amministrazione Biden avrebbe preso in considerazione la possibilità di revocare questo divieto, spingendo il primo ministro greco, Kyriakos Mitsotakis, a sollecitare il Congresso degli Stati Uniti a contrastare tale eventualità.
Il contesto è complesso. Atene è un attore chiave nella politica energetica del Mediterraneo orientale e l’esplorazione di fonti energetiche nelle acque contese del Mediterraneo orientale, così come la necessità dell’Egitto di esportare il gas naturale in Europa, ha creato un’alleanza tra Grecia, Israele, Egitto e Cipro, un blocco che esclude la Turchia. Nel frattempo l’Ue ha sanzionato due dirigenti della Turkish Petroleum Incorporated Company per “attività di trivellazione illegali”, perché non autorizzate dalla Repubblica di Cipro, che rivendica la sovranità dell’area.
L’altro problema è quello dei curdi che vivono in Svezia e in Finlandia, dove è stato introdotto un embargo sulle armi provenienti dalla Turchia dal 2019, a causa delle operazioni militari turche contro le Forze di difesa del popolo curdo (YPG) nel nord della Siria. La Turchia considera l’YPG come una propaggine del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK).
La Svezia ospita un numero enorme di rifugiati curdi, stimato in oltre 100mila, e Ankara è da tempo inquieta per i rapporti tra la leadership svedese e il Partito dell’Unione Democratica Curda (PYD – l’ala politica dell’YPG). Queste preoccupazioni si sono acuite dopo che Magdalena Andersson è stata eletta primo ministro nel 2021, in parte grazie al sostegno di un deputato curdo: è stato asserito tale sostegno sarebbe stato assicurato in cambio di una maggiore cooperazione tra i socialdemocratici di Andersson e il PYD, con anche un migliore trattamento dei sostenitori dell’YPG in Svezia e il non cedimento alle richieste della Turchia.
La Turchia sostiene inoltre che la Svezia fornisca equipaggiamento militare ai curdi, cosa che ha criticato in quanto contraria “allo spirito dell’alleanza”.