Aggiornato il 23/03/21 at 09:16 pm
di Shorsh Surme –Il “sultano-presidente” turco Recep Tayyip Erdogan non perde tempo nel portare la Turchia verso una strada senza ritorno. La decisione di ritirare l’adesione al trattato d’Istanbul del 2011 rappresenta un fatto gravissimo, perché il documento fu redatto dal Consiglio d’Europa per prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne.
La convezione è stata ed è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza.
A questa decisione del padre-padrone della Turchia Erdogan non è stata data alcuna giustificazione, ma i funzionari del partito AKP di Erdogan avevano reso noto già l’anno scorso che il governo stava valutando la possibilità di uscire dall’accordo per divergenze su come frenare la crescente violenza contro le donne.
Non dimentichiamo che la Turchia non ha statistiche ufficiali sui femminicidi, ma i dati delle organizzazioni per i diritti umani hanno mostrato che il 38% delle donne in Turchia è vittima di violenza da parte di un partner almeno una volta nel corso della vita, rispetto a circa il 25% nel resto d’Europa.
Molti conservatori in Turchia affermano che il patto mina le strutture familiari, incoraggiando la violenza. Sono anche ostili al principio dell’uguaglianza di genere espresso nella Convenzione di Istanbul e la considerano una promozione dell’omosessualità, dato il suo principio di non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale.
Non meno grave l’iniziativa anti democratica sia della magistratura che del governo di chiudere il partito curdo, Partito Democratico dei Popoli (HDP).
La Turchia ha una lunga storia di chiusura di partiti politici, in particolare quelli curdi. La richiesta del procuratore capo riflette la visione della coalizione politica di governo, in particolare i nazionalisti dell’Mhp, le forze reazionarie della Turchia. La coalizione va verso una politica sempre più reazionaria che minaccia concretamente l’Hdp.
L’obiettivo di Erdogan è quello di liberarsi dell’Hdp e cioè di un’opposizione democratica, semplicemente accusando i membri di terrorismo e arrestandoli.
Non ultima il 17 marzo scorso la sentenza finale contro il parlamentare di HDP Ömer Faruk Gergerlioğlu, letta durante la sessione plenaria del Parlamento: egli è stato privato dello status di deputato. Alcune ore dopo è emerso che il procuratore capo della Corte di Cassazione ha presentato un atto di accusa alla Corte Costituzionale per vietare del tutto HDP. Questi attacchi contro HDP sono giunti poco dopo che il presidente Erdogan aveva dichiarato un piano di azione sui diritti umani.
Dal 2019 48 dei 65 sindaci HDP eletti nelle regioni a maggioranza curda della Turchia sono stati rimossi dall’incarico dal ministero dell’Interno, sempre con l’accusa infamante di terrorismo. La domanda ci si pone è: perché tacciono gli alleati occidentali della Turchia?