Aggiornato il 27/02/21 at 09:54 pm
Sicurezza Internazionale Il capo della Casa Bianca, Joe Biden, e il primo ministro iracheno, Mustapha al-Kadhimi, hanno tenuto la prima conversazione telefonica dalla nomina del presidente degli USA. Al centro delle discussioni, i perduranti attacchi contro gli obiettivi statunitensi in Iraq.
La telefonata è giunta il 23 febbraio, a un giorno di distanza da un attacco condotto nuovamente contro la Green Zone di Baghdad, un’area fortificata sede di istituzioni governative e ambasciate, tra cui anche quella statunitense. Alla luce delle perduranti minacce poste alla presenza di Washington sul suolo iracheno, Biden e il suo interlocutore al-Kadhimi hanno evidenziato la necessità di identificare e perseguire i responsabili delle operazioni condotte altresì contro le basi e le postazioni della coalizione internazionale anti-ISIS, a guida statunitense.
Nel corso della conversazione del 23 febbraio, Washington ha ribadito il suo sostegno all’indipendenza e alla sovranità irachena, mentre Baghdad ha confermato l’impegno del suo Paese a portare avanti il cosiddetto “dialogo strategico” già avviato con la precedente amministrazione, nel rispetto della sovranità nazionale irachena. Entrambe le parti si sono poi dette disposte a rafforzare i legami di cooperazione bilaterale e a collaborare su altre questioni chiave per i due Paesi, oltre che nella lotta contro il terrorismo e nella salvaguardia della sicurezza irachena e dell’intera regione mediorientale.
Risale all’11 giugno 2020 il primo round del dialogo strategico USA-Iraq, seguito da un secondo ciclo, il 20 agosto dello stesso anno. In tali occasioni, il premier al-Kadhimi ha incontrato l’ex capo della Casa Bianca, Donald Trump, con il fine ultimo di definire il ruolo di Washington all’interno dei territori iracheni e le relazioni bilaterali tra i due Paesi. Il dialogo strategico è giunto a 12 anni di distanza dalla ratifica dell’Accordo quadro strategico (SFA), siglato nel 2008 con l’obiettivo di definire i legami USA-Iraq in materia politica, economica e di sicurezza, sulla base di una relazione a lungo termine nel rispetto degli interessi comuni, della sovranità irachena e della stabilità della regione mediorientale. La ripresa dell’iniziativa è stata resa ancor più necessaria dalle tensioni tra Washington e Teheran, verificatesi tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, che hanno rischiato di trasformare Baghdad in un terreno di scontro per regolare i loro conti.
L’apice delle tensioni è stato raggiunto con la morte del generale a capo della Quds Force, Qassem Soleimani, e del vicecomandante delle Forze di mobilitazione Popolare, Abu Mahdi al-Muhandis, uccisi il 3 gennaio 2020 a seguito di un raid ordinato da Donald Trump contro l’aeroporto internazionale di Baghdad. Tuttavia, è da ottobre 2019 che le basi e le strutture statunitensi in Iraq, incluse quelle impiegate dalle forze della coalizione internazionale anti-ISIS, sono state prese più volte di mira, presumibilmente da gruppi armati filoiraniani, tra cui le Brigate di Hezbollah. Come mostrato dal recente attacco verificatosi nella sera del 22 febbraio, le tensioni non possono dirsi ancora concluse, sebbene la precedente amministrazione si sia detta disposta a ritirare le proprie truppe dall’Iraq entro tre anni.
Secondo alcuni analisti, l’incontro del 20 agosto 2020 aveva mostrato come Baghdad fosse tornata al punto di partenza nei rapporti con Washington, e che il petrolio, l’energia, gli investimenti e la presenza iraniana fossero i punti cardine della relazione tra i due Paesi, oltre che aspetti a lungo controllati dall’amministrazione Trump. La dimensione economica della visita aveva interessato anche il ministro del petrolio iracheno, Ihsan Abdul Jabbar, il quale aveva rivelato che il Ministero del Petrolio aveva firmato accordi con società americane del valore di miliardi di dollari, volti a sviluppare infrastrutture per petrolio e gas e raffinerie, oltre a istituire una nuova compagnia energetica nel governatorato di Dhi Qar, con l’obiettivo di favorire lo sviluppo sostenibile di tale governatorato, che creerebbe ottime opportunità di lavoro. A tal proposito, secondo quanto riferito dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, in occasione dell’incontro di agosto 2020, sono stati raggiunti accordi commerciali dal valore di 8 miliardi di dollari. Il patto più rilevante, secondo alcuni, è quello firmato con il colosso General Electric nel campo dell’energia, con cui sono stati siglati due contratti dal valore di 1.2 miliardi di dollari, per operazioni di manutenzione delle centrali elettriche, e di miglioria della rete di trasmissione, così da collegarla alla Giordania.