Aggiornato il 22/04/19 at 08:01 pm
di Roberto Lei — QuotidianPost.it — Sono stati portati alla luce i resti di un’antica città perduta presso il sito di Tell Kunara, nella regione Irachena del Kurdistan (ai confini della Mesopotamia). I reperti risalgono a 4000 anni fa e suggeriscono che questa civiltà fosse particolarmente ricca, grazie agli intensi scambi commerciali e all’agricoltura. La ricerca è stata condotta da un team francese del Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS), dell’Università di Parigi.
La terra fra i fiumi
Il termine Mesopotamia deriva dal Greco antico e, letteralmente, significa “(terra) fra i fiumi”. Tale nome viene infatti impiegato per indicare la regione cinta a Ovest dall’Eufrate, e a Est dal Tigri. Questi due imponenti fiumi originano in Turchia e, attraverso Siria e Iraq, si congiungono nello Shatt al-Arab, per poi sfociare nel Golfo Persico.
Grazie all’estrema fertilità di questa terra, la Mesopotamia fu la culla di alcune tra le più antiche civiltà mai apparse, come quelle dei Sumeri e Babilonesi. Questi popoli svilupparono culture incredibilmente avanzate, e a loro, rispettivamente, è attribuita l’invenzione della scrittura e la realizzazione del codice di Hammurabi (uno dei più antichi testi di legge a noi noti).
Molti regni sorsero e caddero fra il Tigri e l’Eufrate, come il grande impero degli Accadi, esistito tra il 24esimo e 22esimo secolo A.C. Il suo fondatore, Sargon di Akkad, guidò la conquista del regno di Sumer – sconfiggendo il re Lugalzagesi – e pose sotto il suo comando un territorio che si estendeva dal Mar Mediterraneo fino al Golfo Persico.
Nel Lorestan, una regione posta nei pressi dei Monti Zagros – ai confini della nazione accadica – si insediarono varie popolazioni montane, tra cui i Lullubi e i Gutei. Esse, si scontrarono più volte con gli accadi, e proprio i Gutei provocarono la caduta del loro impero. Ebbe così inizio un periodo di crisi e carestia, che terminò con la sconfitta di questi brutali dominatori ad opera del re sumero Utu-hengal, avvenuta attorno al 2050 A.C.
La città perduta sulle montagne del Kurdistan
Negli anni ’40, la Direzione Generale delle Antichità irachena inviò una spedizione al sito di Tell Kunara, a pochi km dalla città di Sulaymaniyah. Nel rapporto – pubblicato nel novembre del ’43 – venne dichiarato il ritrovamento di alcuni manufatti, datati approssimativamente al 2000 A.C. Tuttavia, non furono condotti ulteriori studi e il sito cadde nell’oblio per più di 70 anni, anche a causa dei recenti conflitti scoppiati in quell’area.
La situazione cambiò nel 2011, quando venne realizzata la Mission archéologique française du Peramagron, e furono identificati tre siti come potenziali obiettivi di studio, tra cui quello di Tell Kunara. Qui, nel 2012, un team composto da scienziati del CNRS (dell’Università di Parigi 1) – ma anche membri della società privata di archeologia Eveha – avviarono gli scavi sotto la direzione di Christine Kepinski (direttrice della ricerca fino al 2014) e Aline Tenu (ricercatrice presso l’Archéologies et Sciences de l’Antiquité, ArScAn1, a capo del progetto dal 2015). Nel corso di 6 anni di ricerche, sono state rinvenute fondamenta di grandiosi edifici e numerosi manufatti, ultimi testimoni di una città ormai persa da tempo.
Le rovine risalgono al 2200 A.C., un’epoca lontana, in cui l’impero degli accadi dominava la Mesopotamia, sebbene la sua estensione si fosse già notevolmente ridotta. Il sito di Kunara si trova lungo il confine occidentale della nazione accadica, collocato su due piccole alture nei pressi dei Monti Zagros. In tutto, sono stati realizzati cinque siti: il cantiere A (nella città alta, a ovest), i cantieri B, C, D (nella città bassa, a est) e il cantiere E (a nord della città bassa).
Nel cantiere A, in corrispondenza dei livelli 2 e 3 (il più antico), sono stati trovati i resti di due edifici, a cui si poteva accedere mediante una scala lunga ben 7 m. Gli abitanti della città erano abili costruttori, infatti avevano progettato un esteso sistema di tubazioni per lo smaltimento delle acque piovane. È invece un mistero la ragione per cui l’edificio al secondo livello sia stato volutamente riempito del materiale che costituisce il livello 1 (il più recente).
Il primo livello del cantiere B contiene fondazioni in pietra le quali, trovandosi in prossimità della superficie, hanno purtroppo subito gravi danni. Indagini geo-magnetiche hanno permesso di identificare più edifici, sepolti nel livello 2, e forse facenti parte di un unico complesso. Assieme alle costruzioni è stato individuato un sigillo di forma cilindrica, sul quale è raffigurata una divinità. Uno degli edifici conteneva stampi impiegati per produrre utensili in rame. Ciò suggerisce che, nei suoi pressi, venissero praticate attività di metallurgia. È perciò possibile che tale struttura appartenesse al governatore della città. Infine, è stato trovato uno strato che testimonia la propagazione di un incendio.
Nel cantiere C, in corrispondenza del secondo livello, sono stati scoperti tre edifici (nella parte settentrionale) e una cantina seminterrata (nella parte meridionale). Numerose tavolette in argilla e vasi sono stati rinvenuti, questi ultimi recanti splendide decorazioni animali (arieti, serpenti e scorpioni). Le particolari forme di questi reperti potrebbero indicare un utilizzo in pratiche religiose. Similmente a quanto riscontrato nel cantiere B, gli scienziati hanno individuato tracce di un incendio.
Le ricerche condotte nel cantiere D hanno portato alla luce edifici di natura domestica (oltre a monumentali, preponderanti nel sito), mentre non sono state ritrovate tracce di fortificazioni. Anche questo scavo ha restituito un manufatto: una punta di freccia composta di selce, una roccia silicea particolarmente dura.
Nel cantiere E è stato rinvenuto un edifico monumentale affiancato da una struttura di dimensioni minori. Quest’ultima era una piccola abitazione, dove gli studiosi hanno trovato vari oggetti in ceramica come vasi e ciotole. Nell’edificio monumentale sono state invece scoperte tavolette in argilla. Anche questo sito presenta segni di incendio.
Come affermato da Aline Tenu, è possibile che gli abitanti di questa città appartenessero ad uno dei popoli montani ostili agli accadi, i Lullubi. In tal caso, quelli rinvenuti da Kepinski e Tenu potrebbero rappresentare i resti di una delle loro antiche capitali, nonché una preziosa fonte di informazioni su una civiltà di cui sappiamo ancora poco.
Un popolo di agricoltori
Nel relativo articolo – pubblicato sulla piattaforma CNRS News – i ricercatori descrivono il ritrovamento di numerose tavolette in argilla, recanti caratteri cuneiformi. Questo tipo di scrittura – caratterizzato da incisioni dalla forma a cuneo – fu una delle prime a diffondersi nel Medio Oriente, e venne adottata da vari popoli (come sumeri e accadi).
Sulle tavole sono riportati dati riguardanti beni quali vari tipi di farina, tra cui quella di grano – citato in una delle tavolette del cantiere E – che rappresenta un prodotto di elevato valore. Inoltre, vengono citati grandi magazzini in cui il materiale veniva stoccato. Si tratta perciò di testi di natura amministrativa che, secondo Alice Tenu, facevano parte di una specie di “ufficio della farina”. Ciò suggerisce che la città di Kunara possedesse una florida economia, sostenuta in gran parte dall’agricoltura. La presenza di un complesso di canali nella parte meridionale del sito – probabilmente impiegati nell’irrigazione – supporta questa teoria. Infine, è probabile che questo popolo praticasse largamente l’allevamento, in quanto sono stati identificati resti di animali domestici come mucche e maiali.
La ricchezza della città è ulteriormente testimoniata dal ritrovamento di oggetti preziosi, come ossa di orsi e leoni (una volta diffusi in questa regione), nonché strumenti in materiali importati da terre lontane – come l’ossidiana, proveniente dalla Turchia. È logico supporre che, grazie alla posizione strategica ai confini dell’impero accadico, questa popolazione praticasse intensi scambi con le nazioni limitrofe, rappresentando così un importante polo commerciale.
Oltre a informazioni di carattere economico, gli scritti hanno fornito alcuni indizi sulla condizione politica della città. Infatti, viene impiegato il termine Ensi (letteralmente “sovrano dei terreni agricoli”) che veniva utilizzato per indicare colui che governa lo stato. Tale carica era in uso fra i sumeri e, successivamente, fu assimilata dagli accadi. Lo stesso vale per la parola Sukkal, il quale designa il ruolo di ministro. Perciò, è possibile che il popolo di Kunara fosse sottomesso a questi ultimi. D’altro canto, i ricercatori hanno notato che questa civiltà aveva adottato una singolare unità di misura, detta “Gur di Subartu”, al posto del Gur imperiale accadico. Tale dettaglio potrebbe invece suggerire un certo grado di indipendenza, contraddicendo la precedente ipotesi.
Purtroppo, sappiamo ancora molto poco della città di Kunara e di chi la abitava, tuttavia, con la ripresa degli scavi in autunno, i ricercatori intendono fare luce su questa civiltà perduta e rivelare non solo le sue origini, ma anche le cause che ne hanno determinato la fine.
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