OTTO CURDI SUICIDI PER PROTESTARE CONTRO L’ISOLAMENTO

Aggiornato il 08/04/19 at 09:35 pm

di Gianni Sartore –– Al momento di scrivere (8 aprile) sono già otto. Otto in meno di un mese.

Zülküf Gezen

Uğur Şakar

Ayten Beçet

Zehra Sağlam

Medya Cinar

Yonca Akici

Sirac Yuksek

Mahsun Pamay

Sette curdi nelle prigionieri turche e un militante in Germania hanno perso la vita con queste radicali azioni dimostrative contro il regime carcerario turco.

L’ultimo a suicidarsi, il 7 aprile 2019, è stato Mahsun Pamay di 22 anni. Era rinchiuso nel carcere speciale di tipo F di Elazig.

Ennesimo grido, il suo, contro l’isolamento totale imposto al leader curdo Ocalan.

Il 17 marzo era stato Zulkuf Gezen a impiccarsi nel carcere di Tekirdag come atto di strema protesta.

Pochi giorni dopo, 22 marzo, in un ospedale tedesco moriva Ugur Sakar che un mese prima si era autosacrificato con il fuoco a Krefeld.

Rinchiusa a Gebze, Ayten Becet si era suicidata il 23 marzo. Il giorno successivo la medesima scelta veniva compiuta da Zehra Saglam in una prigione speciale della provincia di Erzurum,

E ancora Medya Cinar, sempre in un carcere speciale, il 25 marzo.

Yonka Akici era in sciopero della fame dal 1 marzo nella prigione di Sakram. Aveva deciso di porre fine alla sua vita il 29 marzo, ma era poi sopravvissuta alle ferite fino al 1 aprile. Il giorno dopo, 2 aprile, è stata la volta di Sirac Yuksek.

Militante del PKK, era rinchiuso nel carcere di Osmaniye.

I corpi dei prigionieri che scelgono di immolarsi contro l’isolamento – e di conseguenza contro il regime carcerario– non vengono restituiti ai familiari, ma trattenuti dalle autorità per essere poi sepolti dalla polizia. Spesso di notte, clandestinamente. Impedendo a parenti, amici e militanti di onorarli. Solo a pochissimi membri della famiglia talvolta si consente di assistere.

Esponenti politici, associazioni e movimenti curdi (compreso il PKK) hanno ripetutamente chiesto – quasi ordinato – ai militanti in carcere di “finirla con queste azioni individuali”. Proseguendo invece nello sciopero della fame, una lotta collettiva che al momento coinvolge circa settemila prigionieri e altre decine di militanti e simpatizzanti. Anche in Europa, come a Strasburgo.

E’ comunque facile intuire quale sia ormai la rabbia, se non la disperazione, dei prigionieri curdi che evidentemente percepiscono la sostanziale – vergognosa – indifferenza delle istituzioni internazionali nei confronti delle loro sofferenze.

 

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