Aggiornato il 01/02/19 at 09:03 pm
di Gianni Sartori — Nella vita di ognuno ci sono libri come pietre miliari.
Per quanto mi riguarda, citando a casaccio:
“Lettera a una professoressa” dei ragazzi di Barbiana (letto all’inizio del 1968 – in epoca non sospetta – ben prima della beatificazione postuma di don Milani);
“La breve estate dell’anarchia – Vita e morte di Buenaventura Durruti” di Hans Magnus Enzensberger; “Omaggio alla Catalogna” di George Orwell (anche questo in epoca non sospetta – 1969-70 – molto prima della tardiva riabilitazione di POUM e FAI-CNT con il film “Terra e Libertà”); “Un’eterna Treblinka” di Charles Patterson; “Euskadi guduan” di Davant, Apalategui, Cereceda, Castells e del MVLN; “Come mantenersi sani in un mondo inquinato” (detto per inciso: una pia illusione) di Harald Taub; “Oltre lo stato, il potere e la violenza” di Abdullah Ocalan…
Potrei continuare naturalmente, a lungo…
Fondamentale, nella seconda metà degli anni settanta, la lettura di “Le mani sull’Africa” di Jean Ziegler. Un libro che l’autore dedicava – non certo a caso – a Lelio Basso, Mehedi Ben Barka, Carlos Lamarca, Henri Curiel.
Fondamentale – dicevo – in quanto da quel testo ero partito – qualche tempo dopo – per le prime iniziative anti-apartheid come la protesta per i tre impiccati di Moroka (giugno 1983).
Qui l’autore di “Una Svizzera al di sopra di ogni sospetto”, “La fame nel mondo spiegata a mio figlio”, “La privatizzazione del mondo”, “Dalla parte dei deboli”, “I signori del crimine”… spiegava le vicende di alcuni eroi delle lotte di liberazione (N’Krumah, Lumumba, Nasser…) da lui definiti “gli antenati dell’avvenire”.
Un intero capitolo poi lo dedicava alle dure battaglie dei popoli del Sudafrica. Sia detto per inciso. Dopo la relativa notorietà dovuta ad alcuni massacri perpetrati dal regime razzista di Pretoria (Sharpeville nel 1960, Soweto nel 1976…), la causa dei Neri sudafricani era rimasta relativamente in secondo piano rispetto ad altre. Per esempio rispetto alla liberazione delle ex colonie portoghesi o a quella di palestinesi e baschi. Fu soltanto grazie al libro di Ziegler che potei scrivere i primi volantini e i primi manifesti murali (a mano!) quando mi resi conto che questa lotta – forse trascurata anche dalla compagneria di allora – andava fatta conoscere e sostenuta. Arrivarono poi i contatti con Benny Nato – e prima ancora, brevissimamente, con Sindelo – rappresentanti dell’ANC in Italia. La realizzazione, artigianale, di una mostra sui crimini dell’apartheid in Sudafrica e Namibia, i primi incontri-dibattiti. Fino alla campagna per i “Sei di Sharpeville”.
E sempre, al momento di stendere un volantino o scrivere un articolo, attingevo al prezioso “Le mani sull’Africa” come testo di riferimento.
Non mi sono stupito più di tanto, quindi, scoprendo che l’ormai anziano sociologo – ma comunque inossidabile – ha voluto esprimere vicinanza ideale e solidarietà al prigioniero politico curdo Ocalan. Coerentemente con la propria storia personale (lo scrittore tra l’altro fu l’autista di Guevara durante un viaggio del CHE in Europa) è intervenuto sulla campagna di sciopero della fame dei prigionieri e militanti curdi e per chiedere la liberazione di “Apo”. “Le Nazioni Unite devono agire contro il fascismo turco” ha dichiarato in qualità di vice presidente del Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite e relatore speciale sul diritto all’alimentazione.
Parlando dello sciopero della fame in un’intervista con ANF ha definito “onorevole la resistenza mostrata da Leyla Guven e dai suoi compagni – aggiungendo che le loro richieste – devono essere immediatamente soddisfatte. Non solamente l’isolamento dovrà terminare, ma Ocalan dovrà anche essere rimesso in libertà”.
Osservando come lo stato di salute di Leyla Guven abbia ormai superato la soglia critica, ha voluto precisare che “non è accettabile che l’Europa e l’Occidente restino in silenzio di fronte a quanto sta avvenendo. Occorre metter fine immediatamente al fascismo di Erdogan. L’Europa deve stare a fianco dei Curdi”
Secondo Ziegler, il modo in cui lo stato turco sta trattando i Curdi “costituisce un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità”. Un crimine su cui non è più possibile restare in silenzio.
A suo avviso, il Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni unite dovrebbe tenere quanto prima una sessione urgente e straordinaria sulla Turchia: “In violazione del diritto internazionale, Erdogan commette tali crimini contro i Curdi, perseguita l’opposizione. E tuttavia le Nazioni unite rimangono in silenzio. Invece ci sono ragioni più che sufficienti per una riunione urgente sulla Turchia”.
Quanto a Ocalan “io penso che deve essere liberato, in quanto leader di una delle più antiche civiltà del pianeta. I Curdi sono uno dei popoli più antichi della storia, ma i loro diritti e le loro libertà politiche e culturali vengono sistematicamente negati”.
Inoltre i Curdi dovrebbero avere “un loro Stato, un Kurdistan libero (…) e Afrin deve essere liberata e restituita al proprio popolo, ossia ai Curdi”.
Ricordando il ruolo fondamentale dei combattenti e delle combattenti curdi nella lotta contro l’Isis, l’anziano rivoluzionario si è speso perché al PKK venga restituita la sua immagine più autentica, quella di un “movimento di liberazione nazionale” in quanto “movimento legittimo che lotta per la libertà di un popolo di antica civiltà”. Un movimento a cui la comunità internazionale dovrebbe garantire la possibilità di condurre trattative per una soluzione politica del conflitto con lo Stato turco.
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