Aggiornato il 12/07/18 at 07:51 am
di Shorsh Surme –Si è svolta due giorni fa in Turchia la cerimonia di giuramento del presidente della Repubblica Recep Tayyp Erdogan come dal voto del 24 giugno, ed alla cerimonia erano presenti 22 capi di Stato e di governo, ma sopratutto “amici speciali”, come l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder e il leader della tunisina Ennahda, Rached Ghannouchi. Presenti anche alleati dei Balcani, Serbia, Bosnia, Macedonia del Nord, Moldavia, Kosovo e Bulgaria, dove l’influenza della Turchia è un residuo del dominio dell’era ottomana, dell’Africa, dove la Turchia ha cercato di ampliare la sua influenza e quindi delegati di Guinea-Bissau, Guinea, Guinea Equatoriale, Zambia, Somalia, Sudan e Mauritania. Anche l’alleato chiave di Ankara, l’emiro del Qatar, è arrivato, così come il rappresentante del Pakistan. L’unico leader di alto livello delle Americhe presenti era il venezuelano Nicolas Maduro.
La cerimonia è iniziata con una visita di Erdogan alla tomba di Mustafa Kemal Ataturk, il fondatore della moderna Turchia, con tanto di salve di 101 cannoni e la presenza di una banda militare in costumi ottomani. La fusione della tradizione con lo sfarzo dell’era ottomana sembra mostrare come la Turchia oggi stia cercando di colmare il divario tra la sua politica locale e le sue aspirazioni di politica estera nella regione, in particolare in Siria.
Con la nuova Costituzione Erdogan è capo di una Repubblica fortemente presidenzialista, non è prevista la figura del premier, per cui Binali Yildirı cesserà il suo ruolo ed i poteri passeranno al presidente.
Oggi il “sultano” Recep Tayyip Erdogan è a Bruxelles al vertice Nato, alleanza di cui la Turchia è membro con il primo allargamento del 1952, ed il rapporto è saldo. Anche perché la Nato ha taciuto su tutto ciò che Erdogan ha fatto di quantomeno dubbioso in questi anni, dal sostegno all’Isis (si pensi solo alle decine di migliaia di foreign fighters transitati dagli aeroporti turchi, al viavai di beni logistici, di armi e di petrolio) all’occupazione di territori curdi in Siria, violando palesemente il diritto internazionale. Va ricordato che in nome del medesimo diritto la Nato fece la guerra a Saddam Hussein per aver occupato l’Emirato del Kuwait.
Nonostante le tensioni con gli Stati Uniti negli ultimi anni motivate dai rapporti di Erdogan con la Russia di Vladimir Putin, compreso la costruzione di una centrale nucleare e l’acquisto di armamenti, il nuovo governo turco continuerà probabilmente a stringere legami con Mosca al fine di bilanciare i rapporti con l’occidente, in pratica tenendo un piede in due staffe.
Per molte potenze europee la Turchia è un alleato chiave ma non per valori condivisi, bensì perché l’Unione Europea sta pagando 6 miliardi di euro alla Turchia per arginare la crisi dei rifugiati, un quadro favorevole ad Ankara nonostante ancora non sia stato abolito il visto per i citatdini turchi diretti in Ue (sono 10mila i foreign fighters turchi) e non si sia riattivato il processo di adesione.
Turchia utile e comoda alla Nato per la sua posizione strategica e all’Unione Europea: cosa importa se il “sultano” Erdogan sta distruggendo la popolazione curda in Turchia, o in Siria, o con la diga di Ilsu sta rovinando siti patrimonio di umanità?
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