Aggiornato il 03/05/18 at 04:38 pm
Ero stato eletto Preside della Facoltà di Architettura nel Novembre del 1980 e cominciavo ad avere la……..
sensazione dell’Ufficio: impegni, funzioni, modus operandi, grane, scadenze…Mi sentivo ragionevolmente “in controllo” della situazione. Avevo inaugurato un costume personale per la gestione dei Consigli di Facoltà radicalmente innovatore rispetto alla gestione del mio predecessore Mario Federico Roggero: l’ordine del giorno del CdF inviato con la convocazione riportava per ogni punto un sintetico promemoria sui problemi che avrebbero dovuto essere affrontati e discussi. Le mie “varie ed eventuali” erano effettivamente “eventuali” mentre con Roggero erano il luogo nel quale si ponevano i problemi spinosi e importanti che il CdF doveva trattare “a sorpresa”, con pochissimo tempo a disposizione e quando tutti se ne stavano andando a casa: la decisione veniva generalmente presa senza un voto formale ed era inevitabilmente quella che la parrocchietta cattocomunista aveva predisposto ex ante.
Il dibattito sotto la mia presidenza era correttamente informato e io stesso mi preparavo con molta diligenza su ogni punto e sulle questioni inerenti. Questo evitava di impegnare un sacco di tempo per spiegare al CdF il come e il perché su ogni problema e consentiva di entrare immediatamente nel merito delle questioni. Il risultato era che i Consigli non richiedevano le consuete 6 o 7 ore di tempo e finivano sempre a ore civili con tutti i colleghi presenti. Conducevo il dibattito con una certa fermezza e impedivo la logorrea e i cincischiamenti così tipici della fauna accademica della specie “architetti”. Dopo qualche risentimento iniziale dei soggetti più affezionati al giocone glossalalico, i colleghi avevano imparato ad apprezzare l’efficacia del metodo e si erano adeguati. Tutti meno i compagni della cellula del PCI di Architettura che non riuscivano a digerire lo smacco della mia elezione e coglievano ogni occasione per piantare grane secondo la loro modesta interpretazione del concetto di “opposizione”.
Una mattina all’inizio di Aprile 1981 trovai nella posta della presidenza l’invito della associazione europea degli studenti Kurdi: avevano organizzato il festeggiamento del Capodanno Kurdo (Nawroz) a Torino per il 25 Aprile. La Città aveva concesso l’uso della Sala Riunioni della Galleria d’Arte Moderna e sarebbero arrivati da tutta l’Europa circa 500 studenti Kurdi per l’importante ricorrenza. Dissi alla mia segretaria Gabriella Torresin di ricordarmi l’impegno perché la cosa mi incurosiva e inoltre sospettavo che le Autorità torinesi accademiche e politiche avrebbero ignorato l’invito per attendere alle consuete liturgie resistenziali del 25 Aprile e che la Città rischiava quindi di fare una brutta figura.
La sera del 25 Aprile alle 20 e 30 mi recai quindi alla Galleria d’Arte Moderna con spirito di servizio e qualche curiosità. Era una splendida serata di primavera, e Torino offriva la sua migliore disposizione per celebrare il Capodanno Kurdo.
Parcheggio la mia 500 in via Fanti e mi avvicino all’ingresso della Galleria di fronte al quale vedo un cospicuo assembramento di giovani vestiti con costumi sgargianti e di foggia inusuale, Ragazzi e ragazze con gli strumenti musicali tradizionali, tamburi, chitarre. Quando sono vicino all’entrata sento voci eccitate e comincio ad avere la sensazione che stia succedendo qualcosa di poco regolare. Mi faccio strada nell’assembramento e arrivo alla porta chiusa della Galleria guardata da due poliziotti in borghese. Alcuni studenti Kurdi si agitano molto preoccupati. Mi qualifico con i poliziotti e chiedo spiegazioni: la Sala Riunioni della Galleria è stata dichiarata “inagibile” dalla Commissione di Vigilanza dei Locali di Pubblico Spettacolo e gli studenti non possono entrare, mi spiega il poliziotto “capo”.
Chiedo agli studenti Kurdi se hanno capito il problema e se erano stati informati e ricevo una mitraglia di spiegazioni agitatissime. Quello che sembra il capo degli studenti mi fa vedere una lettera firmata dal Sindaco Novelli nella quale si conferma la disponibilità della Galleria per l’Associazione Europea degli studenti Kurdi per la celebrazione della festività del Capodanno Kurdo Nawroz. Chiedo ai poliziotti ulteriore spiegazione e questi con atteggiamento con non ammette discussione mi spiegano di avere ricevuto ordini precisi inderogabili: nella Galleria gli studenti Kurdi non devono entrare, la loro manifestazione a tutti gli effetti è vietata.
Dico posso telefonare al Comandante dei vigili del Fuoco e trattare una deroga in considerazione della situazione specifica: 500 studenti Kurdi praticamente espulsi e lasciati sul marciapiede potrebbero essere un problema di ordine pubblico. Il poliziotto “capo” mi prende in disparte e mi spiega meglio il problema: il Sindaco Novelli è stato messo in mora dal suo Partito (PCI) perché la Comunità dei Kurdi non è ben vista dall’USSR in quel momento impegnato in una infernale guerra in Afghanistan contro Afghani e contro i resistenti Kurdi anticomunisti. La scusa della agibilità della Galleria serve a togliere dal guano il Sindaco Novelli, i due poliziotti sono dell’Ufficio Politico della Questura, si rendono conto della situazione, ma hanno ordini precisi inderogabili che nemmeno il Comandante dei Vigili del Fuoco potrebbe superare. Punto.
Intanto la situazione dalla parte degli studenti Kurdi sta prendendo una brutta piega: il loro capo mi dice che se non si trova una soluzione sarà difficile contenere l’indignazione per quello che dal loro punto dio vista è chiaramente un sopruso. Uno studente Kurdo della Facoltà di Architettura mi riconosce e molto agitato si avvicina e cerca di spiegarmi:
Qui foglio dice posso entrare Galleria, firmato Sindaco, perché poliziotto dice non posso entrare? Qui studenti venuti da tutta Europa, Stoccolma, Oslo, Amburgo di Germania e Amsterdam di Olanda non posso stare su marciapiede, bambine con costune Kurdo non posso stare su marciapiede…
Chiedo al poliziotto “capo” se può chiamare il Questore per una decisione che tenga conto dell’emergenza; Non ci penso nemmeno: il Questore ha avuto la richiesta personalmente da Novelli e non è il caso di pasticciare con improbabili emergenze. Vedrà che fra un po’ gli studenti se ne andranno e il problema sarà risolto…
La tensione aumenta, dalle facce e dai toni di voce si capisce chiaramente che gli studenti Kurdi sono esasperati e che siamo vicini al “punto di rottura”.
Mi sento in qualche modo coinvolto nella vergognosa situazione creata dalla vigliaccata di Novelli, quando mi viene una idea che mi sembra risolvente: la Facoltà di Architettura ha un’aula magna nella quale possono stare circa 300 persone, e schiacciate un po’ 500. Senza ulteriiore riflessione sulle implicazioni, i risvolti e le conseguenze sparo l’invito al “capo” degli studenti Kurdi che trasmette immediatamente al resto del gruppone. L’agitazione si placa, la tensione si dissolve e i Kurdi applaudono con entusiasmo. Spiego ai Kurdi come arrivare al Castello del Valentino e immediatamente la pattuglia si incammina cantando canzoni della resistenza Kurda e inneggiando ai “Peshmerga” (combattenti della morte).
Corro in macchina al Castello dove sveglio il custode fedelissimo signor Lupini, gran brava persona di origine umbra, che apre l’Aula Magna e il cancello. Arrivano le avaguardie Kurde felici, mi spiegano che provvedono a un loro servizio di sicurezza per controllare chi entra: ci potrebbero essere provocatori Irakeni/Sunniti mi dicono e non vogliamo grane. Brivido.
Arrivano anche i due poliziotti dell’Ufficio Politico: abbiamo avvertito il Questore, che approva e ringrazia. Non so se Novelli abbia mai avuto notizia di questa specifica fra le tante sue vergogne.
Decido di fermarmi fino alla fine della celebrazione per controllare di persona che tutto si svolga in modo ordinato. L’idea dei provocatori Sunniti mi ha messo una sgradevole pulciona nell’orecchio.
La festa di Nawroz del 1981 deve essere stata fra tutte le feste ospitate dal Castello del Valentino la più strana, esotica e intensa: canti, danze, cori e slogan della resistenza Kurda per tutta la notte. Gli studenti Kurdi avevano trovato una catasta di legname di qualche vecchia impalcatura e attorno al fuoco acceso nel cortile sud del Castello sembrava di essere in una valle delle montagne di Suleymania: cosciotti di agnello arrostivano sul fuoco e le storie di ognuno si incrociavano condite dalle maledizioni per i Sunniti e per la cricca di Saddam al potere. Nessun incidente e verso le sei del mattino dopo avere fatto una radicale pulizia dei bivacchi gli studenti Kurdi lasciarono il Castello non senza calorosi ringraziamenti e attestati di grande stima per me e per il custode.
Mi chiesi come avrebbero fatto ad arrostire le cosce di agnello alla Galleria d’Arte Modena, ma decisi di non approfondire. Il giorno dopo mandai una breve nota informativa al Magnifico Rettore Stragiotti che mi ringraziò per iscritto. La cellula di Architettura del PCI, venuta a conoscenza del fatto si riunì per predisporre una richiesta di censura del mio operato: abuso di potere e utilizzazione non autorizzata della struttura del Politecnico per scopi personali. Dopo avere meglio riscontrato i fatti, per evitare ulteriore vergogna sul loro sindaco vennero poi a più miti consigli e pensarono bene di lasciar perdere.
Molti anni dopo ero ad Amsterdam e sulla Leidser Plein c’era una tenda di studenti Kurdi che protestavano per l’ennesimo massacro perpetrato da Saddam Hussein. Mi avvicinai: ogni evento Kurdo mi vedeva curioso e partecipe, e con mia grande sorpresa si staccarono dal gruppo due o tre studenti che mi salutarono con eccitazione entusiastica: Professore! Professore, noi studenti di Nawroz a Torino, noi festa al Castello, tu invitato!
Rapida spiegazione e presentazione al resto del gruppo e io venni salutato come un personaggio veramente importante.
Abbracci, saluti, molto affetto. Mi commossi alle lagrime cosa che non mancò di essere notata con mio grande imbarazzo. Noi pragmatici realisti non piangiamo mai.
Anche in quella occasione capii come nascono le leggende.
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