Aggiornato il 03/05/18 at 04:39 pm
di Shorsh Surme
Sono tutt’ora in corso gli scontri iniziati questa notte nella cittadina di Shemzinan, provincia di Giulemerg, tra i militari turchi e i miliziani del Pkk, cosa che ha costretto la popolazione alla fuga verso le zone del confine con il Kurdistan dell’Iraq, in particolare verso l’abitato di Mergasor…… La tregua fra il Partito curdo dei lavoratori e l’esercito di Ankara era in vigore dal 2013 e si è rotta con la decisione del presidente Recep Tayyp Erdogan, presa a seguito dell’attentato a marchio Isis di Suruc del 20 luglio, di colpire pesantemente sia i curdi del Pkk che i miliziani dell’Isis, anche se la quale totalità dell’azione è stata direzionata verso i curdi causando centinaia di vittime, anche civili, ed assai poco verso i jihadisti dell’Isis.
A rovinare la festa al presidente turco sono state le elezioni dello scorso giungo, quando a sorpresa il partito curdo di area socialdemocratica Hdp, guidato dal vulcanico Selahattin Demirtas, è riuscito a superare la soglia del 10% (12,5%) necessaria per entrare in parlamento, e l’Akp di Erdogan ha perso la maggioranza assoluta attestandosi al 40,8%. Come previsto, il premier Ahmet Davutoglu ha costatato l’impossibilità di mettere insieme una maggioranza ed ha quindi rimesso il mandato nelle mani del presidente della Repubblica: l’iniziativa di Erdogan contro i curdi del Pkk, non a caso identificati come “terroristi”, ha anche lo scopo di richiamare il consenso elettorale attorno al proprio partito in vista delle elezioni anticipate che si svolgeranno quasi certamente in autunno. Per Erdogan inoltre viene ad essere necessario adombrare i molti scandali di corruzione che hanno interessato il fiore dello stato turco, compreso parenti dello stesso presidente, come pure la disastrosa politica adottata per la crisi siriana, che ha visto l’appoggio ai gruppi armati jihadisti (si pensi solo al transito di migliaia di foraign fighters) e al voltare la schiena ai curdi siriani, come nel caso della drammatica battaglia di Kobane.
Ieri a Diyarbakir, capitale del Kurdistan della Turchia (Kurdistan del Nord) circa 5mila manifestanti hanno risposto all’appello del Partito Democratico del Popolo (Hdp) sfilando nel centro cittadino e scandendo slogan a favore della pace, nonostante i continui bombardamenti dell’esercito Turco sui villaggi curdi e l’incendio di migliaia di ettari di boschi e pascoli nella convinzione, da parte dei militari, che vi si possano nascondere miliziani del Pkk.
L’accordo tra la Turchia e gli Stati Uniti di concedere la base aerea di Incirlik, nel Kurdistan turco, per lanciare i raid contro l’Isis è stato stipulato in cambio di una zona di sicurezza sotto il controllo turco in territorio siriano, escluso il Kurdistan siriano. Nonostante ciò la conseguenza è il fatto che la Turchia potrebbe controllare il partito curdo Unità di Protezione Popolare (YPG), in prima linea contro l’Isis e nemico giurato proprio di Erdogan: nella lotta contro l’Isis, come per la difesa di Kobane, i curdi siriani sono stati aiutati dai curdi turchi come pure dallo stesso Pkk.
Al governo turco è stato chiesto dal gruppo dei Socialisti e Democratici del Parlamento europeo di “evitare ogni azione contro il Partito Unità di protezione popolare (Ypg), che sta combattendo il terrorismo dell’Isis nel nord della Siria”. A chiederlo è stato il capogruppo Gianni Pittella, secondo cui “è molto importante tenere in vita i negoziati di pace con i curdi”.
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