Aggiornato il 03/05/18 at 04:40 pm
di Riccardo Noury per Corriere della Sera
Dall’inizio del 2014, oltre due milioni di iracheni sono stati costretti a lasciare le loro abitazioni a causa del conflitto sempre più aspro in corso nel paese. La Regione curda irachena ospita il 48 per cento degli sfollati, quasi 950.000 persone……. Il primo afflusso data a gennaio, quando lo Stato islamico ha conquistato alcune zone del governatorato di Anbar; il secondo risale a luglio, quando la pulizia etnica e religiosa del gruppo armato si è abbattuta sulla zona di Mosul, costringendo alla fuga decine di migliaia di cristiani; il terzo è iniziato ad agosto, quando a essere colpita è stata la minoranza yazida nella regione di Sinjar.
Oltre ai 950.000 iracheni, la Regione curda ospita 230.000 rifugiati siriani. Con una popolazione complessiva di cinque milioni di persone, è facile comprendere la dimensione dell’onere dell’accoglienza assunto dalle autorità locali.
Amnesty International ha recentemente visitato la Regione (qui potete leggere un più ampio resoconto), riscontrando una serie di gravi carenze e la mancanza di coordinamento nell’assistenza umanitaria ai profughi iracheni, che in minima parte possono essere imputate alle autorità curde.
C’è poi la consueta mancanza di fondi: il Piano di risposta strategica delle Nazioni Unite per l’Iraq 2014-15 è stato finanziato solo per il 33 per cento e la porzione del budget riguardante i rifugi e altri servizi fondamentali solo per il 23 per cento. Alcuni progetti hanno fondi per andare avanti solo per i prossimi tre mesi.
Molti profughi stanno trascorrendo l’inverno in campi di fortuna, senza protezione dal freddo, dal vento e dalla pioggia, privi di riscaldamento e in alcuni casi senza coperte. I servizi igienico-sanitari sono inadeguati.
Nel governatorato di Dohuk, quasi il 40 per cento dei profughi ha trovato una precaria sistemazione nei cantieri dei palazzi in costruzione, sopravvivendo solo grazie alla generosità della popolazione locale. Ma è una soluzione di breve periodo in quanto i proprietari dei terreni chiedono a più riprese il loro sgombero, per proseguire e ultimare le costruzioni. Intanto, non si contano i bambini che precipitano dalle impalcature.
Già, i bambini… Sono 252.000 in tutto tra i sei e i 17 anni. Passano le giornate a giocare all’aperto intirizziti, ma è meglio che stare fermi a subire il gelo. Una minima parte di loro sta proseguendo gli studi abbandonati a causa del conflitto. Nella maggior parte dei campi mancano le scuole e i più “fortunati” si trovano di fronte un’altra difficoltà: il passaggio dalla madrelingua, l’arabo iracheno, al curdo.
In assenza di qualsiasi prospettiva di tornare a casa, almeno nel breve periodo, aiutare queste persone a sopravvivere all’ìnverno dovrebbe essere un imperativo per tutta la comunità internazionale.
Fonte:Corriere della Sera http://lepersoneeladignita.corriere.it/2014/12/28/linverno-gelido-dei-rifugiati-e-dei-profughi-nel-kurdistan-iracheno/
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