L’obiettivo dei curdi oltre i vecchi Stati del colonialismo

Aggiornato il 03/05/18 at 04:40 pm


di Michele Marsonet da Remocontro.it

La fiducia riposta nella capacità combattiva dei celebri “peshmerga” curdi era dunque ben riposta. All’inizio parecchi nutrivano dubbi vedendo che neppure loro riuscivano a frenare il fanatismo terroristico……. dei miliziani del Califfato. Costoro, fanatici sì, ma anche ottimamente armati e ben messi sui campi di battaglia, sbaragliavano i nemici con la facilità di una lama che affonda nel burro. L’esercito regolare iraqeno, addestrato dagli USA, si è squagliato come neve al sole quando li ha affrontati, fornendo per di più all’ISIS un grande arsenale di armi ed equipaggiamenti modernissimi e abbandonati dai soldati del governo di Baghdad in fuga. Né hanno fatto troppa fatica a sbaragliare formazioni islamiche rivali. Neanche il pur efficiente esercito di Bashar Assad è riuscito ad averne ragione, perdendo molte posizioni strategiche e lasciando nelle loro mani – a quanto pare – addirittura alcuni caccia Mig di fabbricazione russa.
Con i curdi però, dopo uno sbandamento iniziale, è stata tutta un’altra storia. In un primo tempo i peshmerga hanno stabilizzato il fronte a ridosso del Kurdistan iraqeno (gli unici ad averlo fatto) e poi, in territorio siriano (o ex tale) hanno tenuto le posizioni in condizioni disperate a Kobane, passando addirittura all’offensiva sotto gli occhi inerti dell’esercito turco schierato in forze a pochissimi kilometri di distanza.
Tutti notano l’incredibile potenza dimostrata dalle milizie del Califfato, e vi sono buone ragioni per farlo. Chi si aspettava che un’entità prima sconosciuta fosse in grado di conquistare in un tempo così breve un territorio tanto vasto? Nessuno in effetti lo aveva previsto, e tanto meno i vari servizi segreti occidentali (quelli americani in primis). Vorrei tuttavia rilevare che è la forza combattiva dei curdi a rappresentare, in questo scenario, la vera sorpresa, anche perché i loro arsenali non sono paragonabili a quelli dell’ISIS. I raid aerei li hanno certamente aiutati, ma a nulla sarebbero serviti se, per l’appunto, i peshmerga non si fossero per così dire aiutati da soli.
Forse superfluo aggiungere che desta grande ammirazione il ruolo sostenuto dalle donne curde nei combattimenti sostenuti in Iraq e in Siria. Espressione di un Islam moderato sul serio (e non per finta), le abbiamo viste lottare senza esitazioni – e non molto successo – contro nemici che considerano tutte le donne alla stregua di esseri inferiori che possono, se si presenta l’occasione, essere vendute come schiave. Un popolo – o, ancor meglio, un gruppo etnico – quello curdo, che da secoli aspira a ottenere il riconoscimento di nazione a tutti gli effetti. C’è in parte riuscito il ramo iraqeno dando vita a un Kurdistan praticamente autonomo. Ne restano tuttavia fuori i curdi presenti in Siria, Turchia e Iran, senza scordare che gruppi meno consistenti si trovano pure in Afghanistan, Azerbijan e Armenia.
Hanno una storia antichissima e parlano una lingua del ceppo iranico. Si ipotizza che discendano dagli antichi Medi, con successivi apporti di Sciti e Galati, entrambi di stirpe celtica. In epoca contemporanea sono stati spietatamente repressi dall’esercito di Ankara e da Saddam Hussein, che usò persino i gas per piegarli. Ciò nonostante, e a dispetto delle divisioni politiche e ideologiche che li separano, non hanno mai perduto la speranza di costruire uno Stato indipendente (ovviamente assai più vasto dell’attuale Kurdistan iraqeno).
Non è detto che stavolta ci riescano, ma non si può neppure escludere. I confini artificiali disegnati dalle vecchie potenze coloniali europee si stanno disgregando davanti ai nostri occhi, e può darsi che i curdi riescano in futuro a sfruttare il debito di riconoscenza loro dovuto per essere stai i soli a opporsi con efficacia ai nuovi barbari.

 

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