Aggiornato il 03/05/18 at 04:40 pm
I peshmerga curdi sono stati definiti da qualche giornalista “l’ultimo baluardo dell’Occidente contro lo Stato Islamico”. Molto probabilmente un’esagerazione, anche se è vero che la frontiera che difendono -…… quella a nord dell’Iraq – confina con la Turchia, e da lì ad arrivare in Occidente il passo si fa molto più breve. Ma chi sono i peshmerga curdi, gli uomini che l’Occidente ha individuato come partner contro lo Stato Islamico, decidendo di fornire loro armi e copertura area?
Innanzitutto va detto che il significato di peshmerga è “coloro che affrontano la morte”. Si tratta dei combattenti del Partito Democratico del Kurdistan, che governa la regione autonoma. La milizia armata ufficiale della regione autonoma irachena, a cui sono giunti i rinforzi anche da parte del Pkk (il movimento indipendentista curdo ancora iscritto nella lista dei terroristi). I peshmerga Sono comunque, da sempre, i miliziani del movimento che da decenni lotta per conquistare l’indipendenza del Kurdistan, lo stato fortemente voluto dai curdi che abbraccia Turchia (sud-est), Iran (ovest), Iraq (nord) e, in minor misura, Siria (nord-est). In larga parte musulmani sunniti moderati (le donne combattono anche nell’esercito), ma caratterizzati molto di più dal nazionalismo che dalla religione (com’è normale, dal momento che rivendicato una patria per la loro etnia che ancora manca), sono stati individuati come partner dall’Occidente.
Scrive l’Ispi (Istituto di studi politici internazionale):
I gruppi che operano nel Kurdistan iracheno sono diversi e sono ancora divisi per appartenenza tribale e ideologica. Dopo i violenti scontri con i gruppi rivali negli anni novanta, il Partito Democratico del Kurdistan (PdK) di Barzani è emerso nella scena politica della regione settentrionale dell’Iraq, garantendo un ventennio di crescita economica a percentuali superiori di quelle cinesi. Da diversi anni la maggior parte dei combattenti peshmerga – l’esercito informale curdo iracheno – ha deposto le armi. Il contesto di pace ha favorito anche importanti passi avanti sul fronte dei diritti civili e sociali, nonostante Barzani sia accusato di autoritarismo dai suoi oppositori. Una parte degli ex guerriglieri curdi sono entrati nelle truppe regolari del governo regionale del Kurdistan (Krg), conservando però le sue affiliazioni tribali e ideologiche. Non è escluso che tra questi vi siano anche i simpatizzanti del PKK (ancora incluso nella lista delle organizzazioni terroristiche di Europa e Stati Uniti), che per diverse vie potrebbe venire in possesso delle armi fornite dagli occidentali.
Ma perché l’Occidente li ha scelti come partner? I curdi, storicamente, sono alleati degli Stati Uniti in quella regione, dove già affiancavano gli americani nella guerra in Iraq del 2003. Da allora il Kurdistan è rimasto un’isola di stabilità nelle violenze che hanno investito l’Iraq e ha goduto di un boom economico grazie anche agli investimenti occidentali. Una partnership, ovviamente, non disinteressata, ma fatta dai curdi nell’ottica di conquistare l’appoggio occidentale anche nella loro rivendicazione di uno stato curdo. E questo è il problema principale nella tattica di Stati Uniti e alleati di fare affidamento sui peshmerga: una volta che questa guerra sarà finita, maggiore sarà stato il ruolo dei curdi, più difficile sarà negare le loro rivendicazioni. E a quel punto bisognerà vedersela con la Turchia, che da decenni lotta contro l’indipendentismo curdo.
Quanti sono i peshmerga? Scrive l’Ansa:
Non si hanno notizie precise su quanti siano i Peshmerga, le cui prime unita’ furono costituite negli anni ’20 del secolo scorso, alla nascita del movimento indipendentista curdo dopo il crollo dell’impero turco degli Ottomani e di quello persiano dei Qajar. Nel 2005 si stimava che i miliziani fossero 180.000. Fra di essi vi sono anche centinaia di combattenti donne. Preoccupa però la notizia data oggi dal quotidiano panarabo Al Hayat, secondo la quale centinaia di giovani combattenti curdi si sarebbero uniti ai jihadisti dello Stato islamico.
Nel complesso, si tratta sicuramente dei partner più affidabili che si possono trovare nella regione. Una popolazione che ha un obiettivo dichiarato e di cui si sa esattamente cosa vogliono e perché (il che, ovviamente, permette di attendersi in parte che cosa verrà “dopo”) e che negli ultimi anni ha dimostrato di essere una delle “poche cose buone” emerse nel post Saddam Hussein. La volontà di combattere lo Stato Islamico, inoltre, c’è tutta; alle armi invece deve provvedere l’Occidente (così come deve provvedere alla copertura aerea) e soprattutto bisogna iniziare a pensare a cosa fare quando e se i peshmerga (a quel punto molto ben armati) arriveranno al tavolo chiedendo la nascita del Kurdistan.
Fonte:Blogo news
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