Aggiornato il 03/05/18 at 04:41 pm
di Monica Ricci Sargentini (Corriere della Sera)
Si stringono la mano il premier turco, Recep Tayyip Erdogan, e il leader curdo iracheno, Massud Barzani. L’incontro avviene a Diyarbakir, …… nel sud-est della Turchia a maggioranza curda, ed è il tentativo del governo turco di rilanciare i tormentati negoziati tra Ankara e i guerriglieri del Pkk. Erdogan ha definito la presenza di Barzani un momento «storico» che segna la fine del lungo conflitto con i guerriglieri separatisti. “Stiamo costruendo una nuova Turchia, insieme a tutti i gruppi etnici e religiosi – ha assicurato – non ci saranno discriminazioni, nè assimilazioni in questa nuova Turchia”. Dal canto suo Barzani ha chiesto “ai fratelli curdi e turchi di sostenere il progetto di pace. In Medio Oriente è giunto il momento di vivere insieme: i tempi in cui il sangue di un giovane turco era versato da un giovane curdo, e quello di un giovane curdo da un giovane turco sono finiti» ha affermato il leader curdo iracheno.
Il luogo dell’incontro è ad alto valore simbolico. Diyarbakir, capitale del nord-est turco, e nell’immaginario dei curdi medio-orientali ora sparsi fra Turchia, Iraq, Siria e Iran, forse di un futuro Grande Kurdistan riunito. Fino alla caduta di Saddam Hussein, Barzani è stato un temuto capo-guerrigliero separatista per Bagdad come per Ankara. Oggi presiede la regione autonoma – in pratica quasi indipendente - curda del Nord-Iraq (Krg). Da due anni i rapporti con Ankara sono in ripresa, soprattutto grazie al gas e al petrolio curdo-iracheni. La Krg ha bisogno del vicino turco per venderli sfuggendo al controllo del governo centrale di Baghdad. E la Turchia, da 10 anni in boom economico, senza fonti proprie di energia, è assetata di gas e petrolio.
Ma se Ankara è vicina ai curdi iracheni, le cose non vanno altrettanto bene con quelli turchi. Il Pkk a fine agosto ha congelato il processo di pace accusando Erdogan di non rispettare gli impegni e vuole ottenere le contropartite promesse: più autonomia, la liberazione di migliaia di attivisti curdi arrestati, più diritti culturali e linguistici. Venerdì scorso, proprio alla vigilia della visita di Erdogan a Diyarbakir, alcuni guerriglieri curdi hanno attaccato un convoglio militare con fucili e granate. Non ci sono stati feriti ma è la prima rottura seria della fragile tregua firmata 8 mesi fa tra Ankara e il Pkk. Il presidente turco Abdullah Gul ha fatto sapere che l’esercito risponderà alle violazioni del cessate il fuoco: “Mi auguro che sia stata una mossa non voluta. Le forze armate torche e le nostre forze di sicurezza sono sempre in allerta”, ha avvertito Gul, spiegando che se il Pkk tornerà a imbracciare le armi, i militari turchi risponderanno immediatamente
Un incontro storico che riguarda anche la complessa partita strategica sul fronte siriano. Barzani ed Erdogan hanno in questo momento un “nemico” comune: il Pyd di Saleh Muslim, il principale partito curdo siriano che nelle ultime settimane ha sconfitto i gruppi armati di Al Qaeda per il controllo delle zone curde della Siria del Nord e ha annunciato la creazione di una amministrazione autonoma nelle regioni che controlla. Lo scenario peggiore per Ankara, una mossa subito denunciata dal capo della diplomazia turca Ahmet Davutoglu. Dopo la quasi indipendenza dei curdi iracheni, quella in prospettiva dei curdi siriani non può che incitare i curdi turchi (20% della popolazione) a rivendicarla anche loro. Un’ipotesi inaccettabile per Ankara. Dal canto suo il presidente curdo-iracheno è ai ferri corti con Muslim, che ha preso il sopravvento in Siria sugli alleati del Pdk di Barzani. L’incontro di Diyarbakir più che storico dovrebbe essere definito utile.
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